Tribunale Amministrativo Regionale del Lazio, Sezione II quater, sentenza n. 6305/2007

IL TRIBUNALE AMMINISTRATIVO REGIONALE DEL LAZIO

ha pronunciato la seguente

SENTENZA

sul ricorso n. 6797/2003, proposto da A e B, rappresentate e difese dagli avv.ti Massimo Segnalini e Carlo Segnalini ed elettivamente domiciliate presso il loro studio in Roma, Ennio Quirino Visconti, n. 103;

contro

il MINISTERO per i beni culturali e ambientali (ora Ministero per i beni e le attività culturali), in persona del Ministro pro-tempore, e la SOPRINTENDENZA per i beni ambientali e architettonici per il Lazio, in persona del Soprintendente in carica, costituitisi in giudizio, rappresentati e difesi ex lege dall’Avvocatura Generale dello Stato, presso i cui uffici sono legalmente domiciliati in Roma, Via dei Portoghesi n. 12;

il COMUNE di ROMA, in persona del Sindaco pro tempore, costituitosi in giudizio, rappresentato e difeso dall’avv. Andrea Magnanelli ed elettivamente domiciliato presso la sede dell’Avvocatura Comunale in Roma, Via del Tempio di Giove n. 21;

il COMUNE di ROMA, Municipio 1°, in persona del suo Presidente in carica, non costituitosi in giudizio;

il COMUNE di ROMA, Dipartimento IX, Ufficio Concessioni Edilizie, in persona del Capo Dipartimento in carica, non costituitosi in giudizio;

e nei confronti

di C, costituitasi in giudizio, rappresentata e difesa dagli avv.ti prof. Michele Pallottino e Paolo Martino ed elettivamente domiciliata presso il secondo in Roma, Via dell’Orso, n. 74;

per l’annullamento

previa sospensione:

del nulla osta rilasciato, in data 1.4.2003, dalla Soprintendenza per i beni ambientali e architettonici per il Lazio del Ministero per i beni culturali e ambientali, in favore della sig.ra C (atto di cui le ricorrenti assumono avere avuto conoscenza il 23.4.2003) per un manufatto adibito a serra e giardino d’inverno realizzato dalla citata sig.ra C sulla terrazza del proprio appartamento in Roma, Via S. Maria dell’Anima n. 45;

di ogni altro atto e/o provvedimento a questo annesso, connesso, presupposto, coevo e consequenziale.

Visto il ricorso con i relativi allegati;

Visti gli atti di costituzione in giudizio del Ministero per i beni culturali e ambientali e della Soprintendenza per i beni ambientali e architettonici per il Lazio, nonché del Comune di Roma e della sig.ra Fiore Silvana;

Viste le memorie prodotte dalle parti a sostegno delle proprie difese;

Visti gli atti tutti della causa;

Relatore all’udienza pubblica del 5 giugno 2007 il consigliere Renzo CONTI;

Uditi gli avv.ti Massimo e Carlo Segnalini per le ricorrenti e ai preliminari l’avv. Paolo Di Martino per la controinteressata e l’avv. dello Stato Tidone per il Ministero per i Beni e le Attività Culturali.

Ritenuto e considerato in fatto ed in diritto quanto segue:

FATTO

Con il ricorso in trattazione, notificato il 21 giugno 2003 e depositato il successivo 1° luglio, le ricorrenti indicate in epigrafe impugnano il provvedimento della Soprintendenza del 1°.4.2003, con il quale, è stato rilasciato alla sig.ra C il nulla osta in merito alla richiesta di autorizzazione provvisoria per un manufatto adibito a serra e giardino d’inverno dalla stessa realizzato sulla terrazza del proprio appartamento facente parte dell’immobile sito in Roma, via S Maria dell’Anima, n. 45, sottoposto a vincolo di tutela monumentale ai sensi del D.Lgs. 29.10.1999, n. 490, già legge 1.6.1939, n. 1089.

Al fine di ottenere l’annullamento del predetto nulla osta, previa sospensione dei suoi effetti, le ricorrenti - richiamato il giudizio n. 12606/2002 promosso davanti al Tribunale di Roma, sez. 7^ Civile ai sensi degli artt. 700 e 702 cod.proc.civ. per l’asserito illecito operato dalla sig.ra C - deducono il seguente unico motivo di gravame, così dalle medesime paragrafato:

- violazione e falsa applicazione degli artt. 23, 24, 28 e 32 del D.Lgs. 29.10.1999, n. 490; violazione e falsa applicazione dell’art. 33 della legge28.2.1985, n. 47 [1]; eccesso di potere in tutte le sue figure sintomatiche ed in particolare per travisamento dei fatti, erroneità e carenza dei presupposti e di istruttoria, sviamento, ingiustizia manifesta.

Si sono costituiti per resistere il Ministero per i beni culturali e ambientali e la Soprintendenza per i beni ambientali e architettonici per il Lazio, nonché il Comune di Roma e la sig.ra C, la quale ultima ha eccepito l’inammissibilità del gravame in quanto proposto avverso atto endoprocedimentale e comunque la sua infondatezza.

Il comune, con successiva memoria del 25.5.2007, premessa la sua estraneità al ricorso de quo, ha evidenziato l’abusività delle opere di cui trattasi per le quali viene precisato che non è intervenuta alcuna concessione edilizia in sanatoria e che le stesse non costituiscono oggetto della domanda di condono edilizio n. 78213/95. Il medesimo Comune ha perciò, allo stato, concluso con la richiesta di reiezione del gravame.

Con ordinanza collegiale n. 3796/03 la richiesta di sospensione dell’atto impugnato è stata respinta.

La causa è stata quindi chiamata e posta in decisione all’udienza pubblica del 5 giugno 2007, nel corso della quale le ricorrenti hanno ulteriormente precisato le proprie conclusioni depositando copie delle pronunce emesse dal giudice ordinario in relazione alle opere in questione.

DIRITTO

Il ricorso è volto ad ottenere l’annullamento del provvedimento della Soprintendenza per i beni ambientali e architettonici per il Lazio del 1°.4.2003, con il quale è stata rilasciato alla sig.ra C il nulla osta provvisorio, dalla stessa richiesto, in merito ad un manufatto in metallo e vetro adibito a serra e giardino d’inverno dalla medesima realizzato sulla terrazza del proprio appartamento, facente parte dell’immobile sito in Roma, via S. Maria dell’Anima, n. 45, sottoposto a vincolo di tutela monumentale ai sensi del D.Lgs. 29.10.1999, n. 490, già legge 1.6.1939, n. 1089.

Il nulla osta è stato rilasciato "fatti salvi i diritti di eventuali terzi… per un periodo massimo di dieci anni, considerata la temporaneità della struttura" sul presupposto della "presa visione dei grafici e della documentazione inviata, vista la perizia giurata allegata attestante la natura rimovibile del manufatto".

Con unico motivo di gravame le ricorrenti, ancorché nell’epigrafe vengano indicati numerosi vizi e nel ricorso siano analiticamente richiamati gli atti del giudizio civile dalle stesse promosso, deducono unicamente il vizio di carenza di istruttoria, sull’assunto che la Soprintendenza avrebbe rilasciato l’impugnato nulla osta sulla base delle sole strumentali asserzioni della richiedente, senza chiedere alcun chiarimento ovvero senza procedere ad accertamenti di natura tecnica espressamente previsti dall’art. 24 del D.Lgsn. 490/1999 [2] sopra citato.

Il motivo è infondato.

Come risulta dal contenuto del provvedimento impugnato, la Soprintendenza si è determinata positivamente in ordine alle opere in questione, non sulla base di mere asserzioni della richiedente, ma sul presupposto di una perizia giurata che attestava la natura rimovibile delle stesse.

Tale perizia giurata, stante la rilevanza penale di eventuali affermazioni false in essa contenute (cfr. Cass. Pen., V, 12.5.2004, n. 25336), deve ritenersi, in assenza di ulteriori elementi che contrastassero detta affermata rimovibilità, ed unitamente ai grafici e alla documentazione acquisita, idonea a sorreggere, senza ulteriori attività istruttorie, l’affermata temporaneità delle opere e, quindi, la loro assentibilità.

Né risulta dagli atti, contrariamente a quanto sostenuto in ricorso, che le stesse abbiano rappresentato alla Soprintendenza elementi utili a contrastare la citata perizia giurata, ovvero che abbiano sollecitato accertamenti tecnici di cui si sostiene la illegittima omissione.

La denuncia del 20.12.2002 (doc. n. 5), cui fanno riferimento le ricorrenti, infatti, risulta presentata al solo Comune di Roma (sia all’Ufficio dei Vigili Urbani che all’Ufficio Abusi Edilizi) e, quindi, sotto i profili della disciplina edilizia, e non anche alla Soprintendenza, la quale, con l’atto impugnato, si è espressa in relazione al solo profilo del vincolo monumentale imposto sull’immobile in questione.

Sotto il profilo edilizio, anzi, la difesa del Comune ha evidenziato, con richiamo agli atti depositati in questo giudizio, il carattere abusivo delle opere in questione per violazione dell’art. 33 del T.U. dell’edilizia (ex art. 9 della legge n. 47/1985) e dell’art. 4 delle N.T.A. del P.R.G. precisando, altresì, che per le stesse non è intervenuta alcuna concessione edilizia in sanatoria, né le medesime sono state oggetto della domanda di condono edilizio n. 78213/95.

Peraltro, il contenuto dell’attività istruttoria, allorché non è espressamente disciplinato dalle norme, siano esse legislative o regolamentari, è rimessa al potere discrezionale che non è sindacabile dal giudice della legittimità se non sotto i profili dell’illogicità e del difetto di motivazione, profili questi non dedotti dalle ricorrenti, che si sono limitate a lamentare la mera assenza di una attività istruttoria, non tenendo conto della richiamata perizia giurata.

Neppure ha rilevanza nel giudizio de quo l’ordinanza di rimozione delle opere in questione emessa in via d’urgenza il 26.3.2002 dal Tribunale Ordinario di Roma, sez. 7^ civile, sulla base della perizia del C.T.U., (che dagli atti tardivamente depositati all’odierna pubblica udienza sembrerebbe confermata, prima, con ordinanza collegiale depositata il 21.10.2003 e, successivamente, con sentenza di merito n. 9941/2007), in quanto nel ricorso in trattazione viene contestata unicamente, si ribadisce, l’assenza di una attività istruttoria da parte della Soprintendenza, senza in alcun modo considerare e specificamente contestare la predetta perizia giurata acquisita dalla Soprintendenza e ritenuta dalla stessa determinante ai fini della valutazione delle opere in trattazione come temporanee e, quindi, assentibili per un periodo di dieci anni.

Peraltro la disposta demolizione delle opere in questione è stata adottata nell’ambito di un giudizio civile della tutela possessoria, nel quale i parametri di legittimità, come riconosciuto nella citata sentenza, sono diversi da quelli amministrativi tutelati dalla Soprintendenza, la quale si è favorevolmente espressa in ragione della tutela del vincolo monumentale sul presupposto della temporaneità delle opere, presupposto questo non contestato dalle ricorrenti.

Per quanto sopra argomentato il ricorso è infondato in ordine all’unica censura dedotta e va, conseguentemente, respinto.

L’accertata manifesta infondatezza del gravame, consente al Collegio di prescindere dall’eccezione di inammissibilità per carenza di interesse dedotta dalla controinteressata sull’assunto della natura endoprocedimentale dell’atto in questione.

L’eccezione, peraltro, sembrerebbe anche fondata nella considerazione che, nella specie, appare quanto meno dubbio il carattere immediatamente lesivo del nulla osta rilasciato dalla Soprintendenza (cfr. Cons. St., V, 10.2.2004, n. 480, in quanto non ancora definitivo in ordine alla legittimità delle opere, non avendo il medesimo, nella specie, natura vincolante per l’Amministrazione comunale – al contrario del diniego di nulla osta – in ordine all’esercizio degli autonomi poteri in materia di concessione edilizia che, come precisato dalla difesa comunale, non risultano adottati e nemmeno richiesti dalla controinteressata e che ben potrebbero essere sfavorevoli per la controinteressata.

Sussistono, tuttavia, giusti motivi per compensare integralmente tra le parti le spese di giudizio, ivi compresi diritti ed onorari.

P.Q.M.

Il Tribunale Amministrativo Regionale del Lazio, Sez. II quater, definitivamente pronunciando sul ricorso n. 6797/2003 indicato in epigrafe, lo respinge.

Spese, diritti e onorari, compensati.

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'Autorità Amministrativa.

Così deciso in Roma, il 5 giugno 2007, in Camera di Consiglio, con l'intervento dei magistrati:

Italo RIGGIO - Presidente

Renzo CONTI - Consigliere, estensore

Floriana RIZZETTO - Primo Referendario

IL PRESIDENTE IL CONSIGLIERE ESTENSORE

 

 

 

Depositata in Segreteria l’11 luglio 2007

 

NOTE


[1] L’art. 33 L. n. 47/1985 (" Norme in materia di controllo dell’attività urbanistico – edilizia, sanzioni, recupero e sanatoria delle opere edilizie") è il seguente:

Le opere di cui all’art. 31 non sono suscettibili di sanatoria quando siano in contrasto con i seguenti vincoli, qualora questi comportino inedificabilità e siano stati imposti prima della esecuzione delle opere stesse:

a) Vincoli imposti da leggi statali e regionali nonché dagli strumenti urbanistici a tutela di interessi storici, artistici, architettonici, archeologici, paesistici, ambientali, idrogeologici;

b) Vincoli imposti da norme statali e regionali a difesa delle coste marine, lacuali e fluviali;

c) Vincoli imposti a tutela di interessi della difesa militare e della sicurezza interna;

d) Ogni altro vincolo che comporti la inedificabilità delle aree.

Sono altresì escluse dalla sanatoria le opere realizzate su edifici ed immobili assoggettati alla tutela della legge 1 giugno 1939, n. 1089, e che non siano compatibili con la tutela medesima.

Per le opere non suscettibili di sanatoria ai sensi del presente articolo si applicano le sanzioni previste dal capo I.



[2] L’art. 24 L. n. 490 /1999 ("Testo unico delle disposizioni legislative in materia di beni culturali e ambientali, a norma dell'articolo 1 della legge 8 ottobre 1997, n. 352") è il seguente:

1. L'approvazione prevista dall'articolo 23 relativa ad interventi in materia di edilizia pubblica e privata è rilasciata entro il termine di novanta giorni dalla presentazione della richiesta, restando comunque impregiudicato quanto disposto dagli articoli 25 e 26.

 

2. Qualora la soprintendenza chieda chiarimenti o elementi integrativi di giudizio, il termine indicato al comma 1 è sospeso fino al ricevimento della documentazione.

3. Ove la soprintendenza proceda ad accertamenti di natura tecnica, dandone preventiva comunicazione al richiedente, il termine è sospeso fino all'acquisizione delle risultanze degli accertamenti d'ufficio e comunque non oltre trenta giorni. Decorso tale termine, previa diffida a provvedere nei successivi trenta giorni, le richieste di approvazione si intendono accolte. (decreto abrogato dall’art. 184, comma 1, del d. lgs. n. 42 del 2004 , codice dei beni culturali e del paesaggio ai sensi dell’art. 10 della legge 6 luglio 2002 n. 137).