REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Tribunale Amministrativo regionale per il Lazio

Sez.I Quater

N.            Reg

Anno 
 

N.            Reg

Anno

 
 

ha pronunciato la seguente

SENTENZA PARZIALE

sul ricorso n. 6890/06, proposto dal signor ...OMISSIS.... ...OMISSIS...., rappresentato e difeso dall’Avv. M.I. Amoroso - unitamente e disgiuntamente all’Avv. F. Casella - ed elettivamente domiciliato  presso lo stesso  in Roma, Piazzale Clodio, 56;

contro

- IL MINISTERO DELLA GIUSTIZIA – DIPARTIMENTO AMMINISTRAZIONE PENITENZIARIA, costituitosi in giudizio, rappresentato e difeso dall’Avvocatura Generale dello Stato e presso la medesima domiciliato ex lege in Roma, via dei Portoghesi, 12;

per la declaratoria di illegittimità

del silenzio rifiuto, formatosi sull’istanza-diffida pervenuta all’Amministrazione in data 8.5.2006, con cui si chiedeva – ai sensi dell’art. 25 del D.P.R. n. 686/1957 e del D.M. del 12.3.1993 – lo stralcio dal fascicolo personale del ricorrente di determinati documenti;

          Visto il ricorso con i relativi allegati; 

          Visto l’atto di costituzione in giudizio dell’Amministrazione intimata; 

      Visti gli atti tutti della causa;

      Relatore, alla Camera di Consiglio in data 9 ottobre 2006, il Consigliere  G. De Michele e uditi, altresì, gli Avvocati delle parti, come da verbale di udienza in data odierna;

      Ritenuto e considerato in fatto e in diritto quanto segue:

FATTO

Il sig. ...OMISSIS.... ...OMISSIS.... – già Ispettore Capo del Corpo di Polizia Penitenziaria, collocato a riposo con decorrenza 24.9.2003 – dopo avere ottenuto (a seguito di sentenza del TAR del Lazio n. 1862/2006) l’accesso al proprio foglio matricolare, nonché ai documenti presenti nel fascicolo personale, rilevava nel fascicolo stesso la permanenza di atti (relativi a procedimenti non conclusi, o seguiti da provvedimenti annullati), che avrebbero dovuto essere stralciati, a norma dell’art. 25 del D.P.R. n. 686/1957.

Al fine, pertanto, di ottenere la dovuta eliminazione dei documenti in questione, il medesimo sig. ...OMISSIS.... il 5.5.2006 inviava all’Amministrazione una istanza –diffida, pervenuta in data 8.5.2006 e rimasta priva di qualsiasi riscontro.

In tale situazione, l’interessato ravvisava la maturazione di una fattispecie di silenzio rifiuto e su tale base, in data 6.7.2006, notificava il ricorso in esame, prospettando i seguenti motivi di gravame: violazione o falsa applicazione degli articoli 24 e 25 del D.P.R. n. 686/1957 e del D.M. del 12.3.1993, nonché eccesso di potere per manifesta ingiustizia, dovendo ritenersi violata, per quanto sopra, la normativa in materia di fascicolo personale dei dipendenti pubblici, normativa che preclude la permanenza nel fascicolo stesso di atti annullati, revocati o riformati d’ufficio, ovvero di atti privi di qualsiasi rilevanza per il rapporto di lavoro, che tuttavia, in ragione del loro contenuto, potrebbero comunque essere di pregiudizio per l’interessato, sul piano professionale o personale.

L’Amministrazione intimata, costituitasi in giudizio, resisteva formalmente all’accoglimento dell’impugnativa.

                                              DIRITTO

Il Collegio ritiene che possa, preliminarmente, riconoscersi l’ammissibilità dell’impugnativa, sotto il duplice profilo dell’interesse a ricorrere e della procedura seguita (tramite istanza-diffida e non formale diffida a provvedere e messa in mora dell’Amministrazione, decorso un certo termine dalla prima domanda).

Quanto all’interesse, infatti, sembra al Collegio che le peculiari ragioni, poste a base della eliminazione – dal fascicolo personale dei dipendenti pubblici – di documenti non più rilevanti per il rapporto di lavoro, ma potenzialmente lesivi per l’immagine dei dipendenti stessi, siano sostanzialmente riconducibili ad un interesse anche morale, che non si estingue quando, come nel caso di specie, detto interesse sia fatto valere dopo il collocamento a riposo del soggetto interessato.

Quanto alle modalità procedurali, da seguire per instaurare il giudizio, va osservato che il nuovo rito processuale in materia di silenzio rifiuto (art. 21 bis L. n. 1034/71) – nel testo introdotto dall’art. 2 della legge 21.7.2000, n. 205 – non conteneva originariamente innovazioni, circa i modi prescritti per formalizzare una illegittima inerzia, accertabile in sede giurisdizionale come violazione di un sussistente obbligo di provvedere.

A norma del citato art. 21 bis L. n. 1034/71, pertanto, era stato ritenuto che il soggetto interessato ad agire avverso l’inerzia dovesse seguire l’iter ordinario, da ricercare – per costante giurisprudenza – nell’art. 25 T.U. 10.1.1957, n. 3: tale iter prevedeva apposita domanda all’Amministrazione e, dopo almeno 60 giorni, diffida a provvedere entro un termine non inferiore a trenta giorni, secondo la procedura prevista per gli atti giudiziari (cfr. in tal senso, fra le tante, Cons. St., sez. IV, 11.6.2002, n. 3256; TAR Lazio, Roma, sez. II, 2.4.2004, n. 3126; TAR Campania, Napoli, 23.12.2003, n. 15541; TAR Puglia, Lecce, 31.7.2001, n. 4420; TAR Lazio, Latina, 4.10.2001, n. 866; TAR Basilicata, 14.6.2001, n. 586).

Significative modifiche alla regolamentazione anzidetta, tuttavia, sono state apportate prima dall’art. 2 della legge 11.2.2005, n. 15 e successivamente dall’art. 3, comma 6 bis della legge 14.5.2005, n. 80, che ha convertito con modificazioni il D.L. 14.3.2005, n. 35, recante disposizioni urgenti nell’ambito del Piano di Azione per lo sviluppo economico, sociale e territoriale, nonché deleghe al Governo per la modifica del codice di procedura civile in materia di processo di cassazione, di arbitrato e per la riforma organica della disciplina delle procedure concorsuali.

Le norme sopra citate sostituiscono l’art. 2 della legge 7.8.990, n. 241 e successive modificazioni, introducendo al quinto comma di tale articolo – sul punto che qui interessa – il carattere meramente facoltativo della diffida ad adempiere, indirizzata all’Amministrazione.

Nel testo attuale, il predetto art. 2 della legge n. 241/90 dispone quanto segue: “salvi i casi di silenzio assenso, decorsi i termini di cui ai commi 2 e 3, il ricorso avverso il silenzio dell’Amministrazione, ai sensi dell’art. 21 bis della legge 6.12.1971, n. 1034, può essere proposto anche senza necessità di diffida all’Amministrazione inadempiente, fintanto che perdura l’inadempimento e comunque non oltre un anno dalla scadenza dei termini di cui ai predetti commi 2 o 3. Il Giudice Amministrativo può conoscere della fondatezza dell’istanza. E’ fatta salva la riproponibilità dell’istanza di avvio del procedimento ove ne ricorrano i presupposti”.

Il successivo comma 6 ter del medesimo art. 3 della legge n. 80/2005, inoltre, sostituisce l’art. 20 della legge n. 241/90, rendendo residuale (in quanto riferito solo a determinate materie, ovvero conseguente ad esplicita disposizione di legge) l’equiparazione del silenzio ad inadempimento: è infatti previsto che – al di fuori delle predette ipotesi – l’inerzia dell’Amministrazione “nei procedimenti ad istanza di parte per il rilascio di provvedimenti amministrativi” sia equiparata a tacito assenso.

Nel caso di specie – non ricorrendo le ipotesi derogatorie, di cui al quarto comma della norma in questione – si deve fare riferimento al principio generale, secondo cui, alla scadenza dei termini previsti, si configura il silenzio assenso, ma solo, come la norma espressamente prescrive, quando la procedura sia finalizzata alla emanazione di un atto a carattere provvedimentale e non – per quanto qui interessa – quando sia rimessa all’Amministrazione anche una necessaria attività ulteriore, satisfattiva dell’istanza del privato: attività, la cui omissione non può che continuare a configurarsi come illegittima inerzia.

Nella situazione in esame, l’assenza di qualsiasi documentazione in atti impedisce al Collegio il concreto riscontro della segnalata inerzia dell’Amministrazione: appare necessario, pertanto, richiedere all’Amministrazione stessa di depositare – nei termini precisati in dispositivo – una documentata relazione, circa gli adempimenti (formali e materiali) posti in essere a seguito della ricordata istanza-diffida, con esplicitazione, in assenza dei medesimi adempimenti, delle eventuali ragioni ostative.

P.Q.M.

      Il Tribunale amministrativo regionale per il Lazio, (Sez. I Quater) – interlocutoriamente pronunciando, e riservata al definitivo ogni ulteriore statuizione in rito, nel merito e sulle  spese – ORDINA al MINISTERO DELLA GIUSTIZIA –                                                                                   DIPARTIMENTO DELL’AMMINISTRAZIONE PENITENZIARIA di depositare presso la segreteria del Tribunale la documentazione anzidetta, entro 30 (trenta) giorni dalla comunicazione in via amministrativa della presente decisione, o dalla notifica della stessa a cura della parte ricorrente; RINVIA per l’ulteriore trattazione alla Camera di Consiglio del 27  febbraio 2007.

      Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'Autorità amministrativa.

      Così deciso in Roma, nella Camera di Consiglio in data 9 ottobre 2006  con l'intervento dei Magistrati:

                  Presidente Pio Guerrieri

                  Consigliere est. Gabriella De Michele

                  Primo Referendario Antonella Mangia