N.  76  REG.RIC.

ANNO  2004

N. 283  REG.SENT.

ANNO  2007

   R E P U B B L I C A    I T A L I A N A

   IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

   IL TRIBUNALE AMMINISTRATIVO REGIONALE

   PER L’EMILIA-ROMAGNA

SEZIONE DI PARMA

composto dai Signori:

Dott.  Gaetano Cicciò Presidente 

Dott.  Umberto Giovannini Consigliere

Dott.  Italo Caso Consigliere  Rel.Est.

ha pronunciato la seguente

   SENTENZA

sul ricorso n. 76 del 2004 proposto da Russo Salvatore, rappresentato e difeso dall’avv. Massimo Rutigliano e dall’avv. Etelina Carri, e presso il primo elettivamente domiciliato in Parma, borgo S. Brigida n. 1;

   contro

il Ministero della Giustizia, in persona del legale rappresentante p.t., difeso e rappresentato dall’Avvocatura distrettuale dello Stato di Bologna, domiciliataria ex lege;

la Direzione dell’Ospedale psichiatrico giudiziario di Reggio Emilia;

il Provveditorato regionale dell’Amministrazione penitenziaria per l’Emilia-Romagna;

   per l’annullamento

del provvedimento prot. n. 10310 del 15 settembre 2003, con cui il Direttore dell’Ospedale psichiatrico giudiziario di Reggio Emilia ha inoltrato al Provveditorato regionale dell’Amministrazione penitenziaria per l’Emilia-Romagna il carteggio concernente i “permessi studio” fruiti dal ricorrente, ai fini dell’emissione dell’atto di collocamento in aspettativa per motivi familiari senza assegni relativamente alle giornate 23 aprile, 9, 10, 11, 12, 13, 24, 25 e 26 giugno 2003;

del decreto n. 1596 del 30 settembre 2003, con cui il Provveditorato regionale dell’Amministrazione penitenziaria per l’Emilia-Romagna ha conseguentemente disposto il collocamento in aspettativa del ricorrente per le giornate suindicate;

del provvedimento in data 3 dicembre 2003, recante il rigetto del ricorso gerarchico;

di ogni altro provvedimento presupposto, conseguente o altrimenti connesso;

   per l’accertamento

in capo al ricorrente dei “permessi studio” fruiti nelle giornate 23 aprile, 9, 10, 11, 12, 13, 24, 25 e 26 giugno 2003, e del conseguente obbligo dell’Amministrazione di provvedere alla loro concessione;

   per la condanna

dell’Amministrazione al risarcimento del danno.

Visto il ricorso con i relativi allegati;

Visto l’atto di costituzione in giudizio del Ministero della Giustizia;

Viste le memorie prodotte dalle parti a sostegno delle rispettive difese;

Visti gli atti tutti della causa;

Nominato relatore il dott. Italo Caso;

Uditi alla pubblica udienza del 3 aprile 2007 l’avv. Rutigliano per il ricorrente e l’avv. Lumetti per l’Avvocatura dello Stato.

Ritenuto e considerato in fatto e in diritto quanto segue:

   F A T T O     E     D I R I T T O

In servizio presso l’Ospedale psichiatrico giudiziario di Reggio Emilia quale “Ispettore Capo di Polizia penitenziaria”, il ricorrente otteneva dall’Amministrazione di appartenenza la concessione di permessi straordinari retribuiti per motivi di studio, ai sensi dell’art. 21 del d.P.R. n. 395 del 1995, in relazione alla sua iscrizione alla classe 5^ del corso «tecnico dei servizi sociali» presso l’Istituto “Don Z. Jodi” di Reggio Emilia, anno scolastico 2002/2003.

Ritenendo che alcuni di detti permessi non fossero stati poi giustificati con la prevista documentazione, il Direttore dell’Ospedale psichiatrico giudiziario di Reggio Emilia trasmetteva i relativi atti al Provveditorato regionale dell’Amministrazione penitenziaria per l’Emilia-Romagna ai fini dell’attribuzione dell’aspettativa per motivi familiari senza assegni quanto alle giornate 23 aprile, 9, 10, 11, 12, 13, 24, 25 e 26 giugno 2003 (v. nota prot. n. 10310 del 15 settembre 2003) e in tal senso poi provveda l’Amministrazione competente (v. decreto n. 1596 del 30 settembre 2003). Infine, con provvedimento in data 3 dicembre 2003, il Provveditorato regionale dell’Amministrazione penitenziaria per l’Emilia-Romagna - Ufficio del Personale e della formazione rigettava il ricorso gerarchico dell’interessato.

Avverso tali atti ha proposto impugnativa il Russo, assumendo spettanti i “permessi studio” non solo per la partecipazione alle lezioni, ma anche per l’effettuazione di ricerche, per l’approfondimento e lo studio individuale delle materie, per la preparazione delle lezioni e degli esami, onde illegittimo si rivelerebbe, sotto molteplici profili, il diniego fondato sulla mancata puntuale giustificazione, relativamente a talune giornate, della frequentazione di corsi o di altre attività specifiche. Di qui la richiesta di annullamento degli atti impugnati e di accertamento della spettanza dei “permessi studio” trasformati d’ufficio in aspettativa per motivi di famiglia, con condanna dell’Amministrazione al risarcimento del danno.

Si è costituito in giudizio il Ministero della Giustizia, a mezzo dell’Avvocatura dello Stato, resistendo al gravame.

L’istanza cautelare del ricorrente veniva respinta dalla Sezione alla Camera di Consiglio del 24 febbraio 2004 (ord. n. 83/2004).

All’udienza del 3 aprile 2007, ascoltati i rappresentanti delle parti, la causa è passata in decisione.

Il ricorso è infondato.

Al fine della risoluzione della controversia, viene innanzi tutto in rilievo il d.P.R. 31 luglio 1995, n. 395 (“Recepimento dell’accordo sindacale del 20 luglio 1995 riguardante il personale delle Forze di polizia ad ordinamento civile (Polizia di Stato, Corpo di polizia penitenziaria e Corpo forestale dello Stato) e del provvedimento di concertazione del 20 luglio 1995 riguardante le Forze di polizia ad ordinamento militare (Arma dei carabinieri e Corpo della guardia di finanza)”), il quale prevede all’art. 21 che “nei confronti del personale del Corpo della polizia penitenziaria e del Corpo forestale dello Stato si applica l’art. 78 del decreto del Presidente della Repubblica 28 ottobre 1985, n. 782”. Quest’ultima disposizione, a sua volta, regola il «diritto allo studio» del personale dell’Amministrazione della pubblica sicurezza; in particolare, stabilisce che “l’Amministrazione della pubblica sicurezza favorisce la aspirazione del personale che intende conseguire un titolo di studio di scuola media superiore o universitario o partecipare a corsi di specializzazione post universitari o ad altri corsi istituiti presso le scuole pubbliche o parificate nella stessa sede di servizio”(comma 1), che “a tal fine, oltre ai normali periodi di congedo straordinario per esami, è concesso un periodo annuale complessivo di 150 ore da dedicare alla frequenza dei corsi stessi” (comma 2), che “tale periodo viene detratto dall’orario normale di servizio, secondo le esigenze prospettate dall’interessato almeno due giorni prima al proprio capo ufficio, e la richiesta deve essere accolta ove non ostino impellenti ed inderogabili esigenze di servizio” (comma 3), che “l’interessato dovrà dimostrare, attraverso idonea documentazione, di avere frequentato il corso di studi per il quale ha richiesto il beneficio, che è suscettibile di revoca in caso di abuso, con decurtazione del periodo già fruito dal congedo ordinario dell’anno in corso o dell’anno successivo” (comma 4). Il successivo d.P.R. 16 marzo 1999, n. 254 (“Recepimento dell’accordo sindacale per le Forze di polizia ad ordinamento civile e del provvedimento di concertazione delle Forze di polizia ad ordinamento militare relativi al quadriennio normativo 1998-2001 ed al biennio economico 1998-1999”) precisa – tra l’altro – che “ferme restando le disposizioni di cui all’articolo 21 del decreto del Presidente della Repubblica 31 luglio 1995, n. 395, ove i corsi richiamati nel predetto articolo non siano attivati nella sede di servizio, il diritto alle 150 ore da dedicare alla frequenza compete anche per i medesimi corsi svolti in altra località. In tal caso i giorni eventualmente necessari per il raggiungimento di tale località ed il rientro in sede sono conteggiati, in ragione di 6 ore per ogni giorno impiegato, nelle 150 ore medesime” (comma 1) e che “per la preparazione ad esami universitari o postuniversitari, nell’ambito delle 150 ore per il diritto allo studio, possono essere attribuite e conteggiate le tre giornate immediatamente precedenti agli esami sostenuti in ragione di 6 ore per ogni giorno” (comma 5).

Muovendo dalla generale disciplina di cui all’art. 3 del d.P.R. n. 395 del 1988 (“Norme risultanti dalla disciplina prevista dall’accordo intercompartimentale, di cui all’art. 12 della legge-quadro sul pubblico impiego 29 marzo 1983, n. 93, relativo al triennio 1988-1990”), la giurisprudenza (v. Cons. Stato, Sez. IV, 15 settembre 2006 n. 5383) ne ha desunto che l’istituto dei permessi retribuiti per motivi di studio realizza il giusto contemperamento tra l’interesse pubblico al corretto funzionamento degli uffici e l’interesse dei singoli dipendenti all’accrescimento del proprio patrimonio culturale e professionale; che, per tale motivo, occorre escludere che le ore di permesso retribuito possano non corrispondere alle effettive ore di frequenza scolastica, giacché il diritto del datore di lavoro pubblico di esigere la prestazione lavorativa del proprio dipendente trova un limite solo nell’esercizio del diritto allo studio e solo quando questo sia effettivo; che la concessione dei permessi, quindi, costituisce una misura di carattere eccezionale, introduttiva di un limite altrettanto eccezionale alla ordinaria sinallagmaticità del rapporto di lavoro dei pubblici dipendenti, onde le relative disposizioni sono necessariamente di stretta interpretazione; che, di conseguenza, il dipendente ha titolo a fruire dei permessi retribuiti solo se comprova di avere realmente frequentato le lezioni o le altre attività relative ai corsi cui si è iscritto, e nei limiti in cui la frequenza coincida con l’orario di servizio.

Di qui l’infondatezza della pretesa del ricorrente a vedersi riconosciuti taluni permessi giustificati con il mero studio individuale, apparendo del resto significativo come l’art. 20 del d.P.R. n. 254 del 1999 abbia dovuto da un lato espressamente prevedere la spettanza di sei ore (da computare nelle 150 ore complessive) per il raggiungimento di località diverse da quella della sede di servizio e dall’altro lato riconoscere le tre giornate immediatamente precedenti (anch’esse da computare nelle 150 ore complessive) per la preparazione di esami universitari e post-universitari (limite poi portato a quattro giornate dall’art. 22 del d.P.R. n. 164 del 2002), ad ulteriore conferma della necessità che i permessi siano circoscritti a documentate e puntuali esigenze scolastiche e non si riducano alla generica autorizzazione ad assentarsi dal servizio per amministrare autonomamente il proprio tempo libero nell’attività di studio. La natura vincolata della funzione nella fattispecie esercitata dall’Amministrazione, poi, induce a disattendere tutte le censure imperniate su vari profili di eccesso di potere, scaturendo il diniego ex se dall’insussistenza dei presupposti di legge per accordare gli invocati permessi retribuiti. E’ irrilevante, infine, la circostanza che la tesi attorea troverebbe fondamento in talune circolari ministeriali, essendo notorio – a tacer d’altro – come le stesse siano atti diretti agli organi e uffici periferici e non abbiano di per sé valore normativo o provvedimentale o comunque vincolante per i soggetti estranei all’Amministrazione, mentre sono vincolanti per gli organi e uffici destinatari solo se legittime, onde questi ultimi sono tenute a disapplicarle quando risultino contra legem (v., ex multis, Cons. Stato, Sez. IV, 29 gennaio 1998 n. 112).

Le spese di giudizio possono essere compensate, sussistendone giusti motivi anche in ragione della non univocità dei precedenti giurisprudenziali in materia.

   P.Q.M.

Il Tribunale Amministrativo Regionale per l’Emilia-Romagna, Sezione di Parma, pronunciando sul ricorso in epigrafe, lo respinge.

Spese compensate.

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’Autorità Amministrativa.

Così deciso in Parma, nella Camera di Consiglio del 3 aprile 2007.

f.to Gaetano Cicciò    Presidente

f.to Italo Caso    Consigliere Rel.Est. 

Depositata in Segreteria ai sensi dell’art.55 L. 18/4/82, n.186.

Parma, lì 18 aprile 2007

f.to Eleonora Raffaele   Il Segretario

 
 
 
 

NRG. 76/2004



 
 
 

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