REPUBBLICA ITALIANA N. Reg.Sent.
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO Anno 2007
Il Tribunale amministrativo regionale del Lazio N.  Reg.Ric.
Roma

Sezione I quater

composto da:

Pio Guerrieri    Presidente

Giancarlo Luttazi   Consigliere est.

Antonella Mangia   Primo Referendario

ha pronunciato la seguente

Anno

 
 

SENTENZA

sul ricorso n. 9555/2004, proposto dalla sig.ra ...omissismsmvld.... ...omissismsmvld...., rappresentata e difesa dall’avv. Maurizio Soleto e domiciliata elettivamente in Genzano di Roma, corso Gramsci 7; ed ex lege, ai sensi dell’art. 35 del testo unico approvato con il r.d. 26 giugno 1924, n. 1054, presso la Segreteria del T.a.r.;

contro

il Comune di Genzano di Roma in persona del Sindaco pro tempore, rappresentato e difeso dall’avv. Marco Di Benedetto ed elettivamente domiciliato, da ultimo, in Roma, viale delle Milizie 76, presso l’avv. F. Crabargiu;

per l’annullamento

della ingiunzione di demolizione prot. n. 11741 del 31.5.2004;

Visto il ricorso con i relativi allegati;

Visto l’atto di costituzione in giudizio dell’Amministrazione intimata;

Visti gli atti di causa;

Relatore alla pubblica udienza del 9 luglio 2007 il Consigliere Giancarlo Luttazi;

Formulate le difese in udienza, come da verbale;

Ritenuto in fatto e considerato in diritto quanto segue.

F A T T O

     1 – La ricorrente impugna il provvedimento in epigrafe, il quale:

      - visto il rapporto del Comando di Polizia municipale n. ...... in data 26.5.2004 relativo alla realizzazione in corso di opere abusive consistenti in “edificio articolato sul solo piano terra delle dimensioni di m 23,50 x 0,60 (sic: n.d.r) x h.3,00/3,80 – oltre ad un portico frontale in legno della superficie coperta di mq. 40,00 circa ed altri due portici posti ai lati di mq, 16,00 circa, cadauno”;

     - rilevato che non risultano rispettati gli artt. 65, 93 e 94 del D.P.R. 6 giugno 2001, n. 380, ricadendo l’intero territorio comunale in zona sismica;

     - rilevato che la zona è soggetta ai vincoli del decreto legislativo 22 gennaio 2004, n. 42;

     - visto il citato D.P.R. n. 380/2001;

ha diffidato a sospendere i lavori e ha ingiunto la demolizione entro 90 giorni, preannunciando, per il caso di inottemperanza, l’acquisizione gratuita al patrimonio del Comune del bene e dell'area di sedime.

     La ricorrente prospetta di aver effettivamente realizzato, in assenza di concessione edilizia, l’immobile di cui all’atto impugnato; e di aver presentato, in data 10.6.2004, domanda di concessione in sanatoria ai sensi della legge 24 novembre 2003, n. 326.

     Ciò premesso, la ricorrente ascrive all’atto impugnato “Violazione dell’art. 32, co. 25 del d.l. n. 269 del 30.09.2003, con riferimento alla contestazione della violazione del vincolo imposto ex D.Lvo n. 490/’99 (oggi D.Lvo n. 42/2004)”.

     Essa rileva che le opere realizzate in assenza di concessione edilizia sono due manufatti sicuramente soggetti alla sanatoria introdotta dal decreto-legge 30 settembre 2003, n. 269, convertito in legge, con modificazioni, dall’art. 1 della legge 24 novembre 2003, n. 326. Né - prosegue la ricorrente – il condono può essere escluso ai sensi dell’art. 32, comma 27, lettera d) del citato decreto-legge n. 269/2003, atteso che – diversamente da quanto asserito dall’atto impugnato – non vi è stata violazione del vincolo di cui al d.lgs. n. 490/1999 (ora decreto legislativo 22 gennaio 2004, n. 42). Con la conseguenza che va applicata, ai sensi degli artt. 38, 44 e 35 della legge 28 febbraio 1985, n. 47, la sospensione del procedimento d’irrogazione delle sanzioni amministrative quale effetto della rituale istanza di condono accompagnata dall’attestazione del versamento dell’oblazione.

     2 - Col ricorso sono stati depositati documenti.

     L’Amministrazione si è costituita e ha depositato documenti; nonché una memoria in cui ha contestato il ricorso perché infondato nonché inammissibile per carenza di interesse.

     La ricorrente ha depositato ulteriore documentazione all’udienza del 9 luglio 2007, con assenso di controparte.

     Nella medesima udienza del 9 luglio 2007 la causa è stata trattenuta per la decisione.

     D I R I T T O

      In limine

      Le contestazioni mosse all’impugnata ingiunzione di demolizione prot. n. 11741 del 31.5.2004 possono essere così riassunte:

      1) l’opera realizzata non avrebbe violato i vincoli di cui al decreto legislativo 22 gennaio 2004, n. 42;

     2) la domanda di condono, accompagnata dall’attestazione del versamento dell’oblazione, avrebbe sospeso il procedimento sanzionatorio;

     3) il procedimento sanzionatorio era sospeso ex lege ai sensi degli artt. 38, 44 e 35 della legge 28 febbraio 1985, n. 47.

     L’Amministrazione contesta la fondatezza di questi motivi e nella parte finale della propria memoria, per l’ipotesi che il T.a.r. non condivida le contestazioni nel merito, invoca in rito il noto orientamento giurisprudenziale che ritiene inammissibile per carenza di interesse il ricorso contro un ordine di demolizione, qualora prima di quel ricorso sia stata proposta al Comune domanda di sanatoria.

     Quest’ultima eccezione va considerata per prima perché, attenendo all’ammissibilità del ricorso, è logicamente prioritaria.

     Essa peraltro, a prescindere da ogni altro rilievo, è da respingere. Infatti, nella presente fattispecie, tra le due opzioni:

     - annullamento della sanzione edilizia per carenza (sia pure temporanea) della relativa potestà [annullamento perseguito dalla censura sopra indicata sub 3)];

     - pronuncia del Comune sulla domanda di condono;

è la prima che appare maggiormente satisfattiva per la ricorrente, e deve dunque essere delibata.

     1. - Nel merito il ricorso è fondato in parte.

     Il rilievo sopra indicato sub 1) è inammissibile; sia perché si limita a contestare uno soltanto dei vincoli rilevati dall’atto impugnato (ignorando il vincolo sismico, pure contestato dall’Amministrazione); sia per genericità: il rilievo infatti si concreta in una apodittica e lapidaria asserzione, non supportata da nessuna specifica esposizione della ricorrente; e ciò neanche dopo che – nel corso del giudizio - l’esistenza del vincolo ex d.lgs. n. 42/2004 è stata espressamente ribadita nella nota del Settore urbanistica, edilizia e tutela ambientale del Comune di Genzano di Roma prot. n. 10307 del 28.5.2007, depositata dal Comune in data 8.6.2007.

      Il rilievo sub 2) è anch’esso inammissibile, perché contesta all’impugnata ingiunzione prot. n. 11741 del 31.5.2004 un accadimento (la domanda di condono del 10.6.2004) che, essendo successivo, è improponibile come parametro di legittimità di un atto già emanato.

      Il rilievo sub 3) è fondato nel senso che di seguito si precisa.

     In effetti, ai sensi dell’art. 44 della legge 28 febbraio 1985, n. 47, richiamato dall’art. 32, comma 25, del decreto legge 30 settembre 2003, n. 269, convertito in legge, con modificazioni, dall'art. 1 della legge 24 novembre 2003, n. 326, i procedimenti amministrativi e giurisdizionali e la loro esecuzione erano sospesi ex lege sino alla scadenza del termine per la presentazione della domanda di condono, termine che alla data di riferimento (il 31.5.2004, data dell’atto impugnato) era fissato - ai sensi del successivo comma 32 dello stesso art. 32 del decreto-legge n. 269/2003, nel testo vigente a quella data del 31.5.2004 - al 31 luglio 2004 (ai sensi dell'art. 1 del decreto legge 31 marzo 2004, n. 82, convertito in legge dall'art. 1 della legge 28 maggio 2004, n. 141). Pertanto l’impugnata determinazione edilizia risulta illegittima, perché adottata nonostante quella sospensione ex lege.

     La memoria dell’Amministrazione invoca a contrario alcuni passi estrapolati dalla pronuncia di questa Sezione I quater n. 2422/2006 (“la sospensione implica uno stato di quiescenza dell’esecutività di un provvedimento, in presenza di determinati presupposti, al venir meno dei quali non può che rivivere la piena efficacia dell’atto: non c’è ragione, dunque, di considerare “tamquam non essent” le sanzioni eventualmente già comminate, ove legittime alla data della relativa emanazione, quando al termine di una fase di sospensione della relativa efficacia ne risultino immutati i presupposti ……….. La sospensione dei procedimenti repressivi, in altre parole, non può che essere correttamente intesa come sospensione della procedura repressiva, ma non anche come inibitoria al relativo avvio, di norma coincidente con l’adozione di misure cautelari e diffide a demolire…………..”). Ma la sentenza n. 2422/2006 – se considerata nella sua interezza - non contrasta con quanto affermato nella presente pronuncia.

     La sentenza n. 2422/2006, infatti, si riferisce a “sanzioni eventualmente già comminate, ove legittime alla data della relativa emanazione”, e non – come nel caso di specie – a sanzione comminata durante la vigenza della sospensione ex art. 44 della legge n. 47/1985, e successive integrazioni sopra citate.

     Inoltre la sentenza n. 2422/2006 conferma la “sospensione della procedura repressiva” (v. supra); ed esclude questa sospensione solo quanto all’avvio del procedimento repressivo (avvio “di norma coincidente con l’adozione di misure cautelari e diffide a demolire”), precisando però che dopo quegli atti d’avvio non vi è, per effetto della citata sospensione ex lege, “successiva possibilità di concludere con l’esecuzione il procedimento avviato” (così, testualmente, la sentenza n. 2422/2006, subito dopo il passo citato nella memoria del Comune); e precisando altresì la ratio della normativa de qua: scongiurare, in pendenza della sospensione ex lege, “una generalizzata paralisi dell’attività di controllo dell’Amministrazione, con possibilità di intraprendere e concludere impunemente ulteriori lavori abusivi” (così la citata sentenza n. 2422/2006).

     In senso conforme alla sentenza n. 2422/2006 è la pronuncia del T.a.r. per il Veneto n. 2676/2000, sebbene richiamata dal Comune a proprio sostegno.

     Invece risultano privi di rilievo i richiami operati nella medesima memoria comunale:

     - a pronunce della Cassazione penale (perché attengono a profili penali e non amministrativi);

     - alle decisioni del Consiglio di Stato, Sezione VI, n. 6007/2000 e n. 3184/2000 (perché non pertinenti).

     La memoria del Comune rileva altresì – richiamando giurisprudenza conforme - che in casi come quello in esame è comunque necessaria una verifica estrinseca sulla sussistenza dei presupposti minimali di ammissibilità della richiesta di condono con riguardo alla specifica vicenda dedotta in contenzioso, soprattutto in relazione al tempo di consumazione degli abusi e nelle ipotesi di insanabilità assoluta. Però nel caso di specie non si ravvisa un’assenza di condonabilità così evidente da giustificare il mancato rispetto della sospensione ex lege dei procedimenti sanzionatori.

     Pertanto l’impugnata ingiunzione di demolizione prot. n. 11741 del 31.5.2004 risulta illegittima in parte qua e va parzialmente annullata.

     2. - In conclusione, il ricorso va accolto nel senso indicato al capo che precede e che qui si riassume: nel vigore della sospensione (ex art. 44 della legge n. 47/1985 e successive integrazioni) dei procedimenti sanzionatori, all’Amministrazione era consentito soltanto inibire, e non sanzionare, attività edilizie ritenute illegittime; fermo restando un legittimo esercizio del potere sanzionatorio – previa verifica dei presupposti - una volta cessata la citata sospensione ex lege.

     Per l’effetto l’atto impugnato va annullato in parte qua.

     Sussistono giusti motivi per compensare le spese.

     P.Q.M.

     Il Tribunale amministrativo regionale per il Lazio accoglie in parte il ricorso in epigrafe, così come indicato nel capo 2 della presente motivazione.

     Per l’effetto annulla l’atto impugnato in parte qua, salvi gli ulteriori provvedimenti.

     Compensa tra le parti le spese di giudizio.

     Ordina che la presente sentenza venga eseguita dall'Autorità amministrativa.

     Così deciso dal Tribunale amministrativo regionale nella Camera di consiglio del 9 luglio 2007.

     L’ESTENSORE   IL PRESIDENTE