REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

IL TRIBUNALE REGIONALE DI GIUSTIZIA AMMINISTRATIVA

DEL TRENTINO-ALTO ADIGE - SEDE DI @@@@@@@@

ha pronunciato la seguente

SENTENZA

sul ricorso n. 226 del 2007 proposto dal signor @@@@@@@@ @@@@@@@@, rappresentato e difeso dall’avvocato ...

CONTRO

il Ministero della Difesa - Comando Generale dell’Arma dei Carabinieri, in persona del Ministro pro tempore, rappresentata e difesa dall’Avvocatura distrettuale dello Stato di @@@@@@@@, nei cui uffici in Largo Porta Nuova n. 9 è, per legge, domiciliata

per l’annullamento

Visto il ricorso con i relativi allegati;

Visto l’atto di costituzione in giudizio dell’Amministrazione statale intimata;

Viste le memorie prodotte dalle parti a sostegno delle proprie difese;

Visti gli atti tutti della causa;

Uditi alla pubblica udienza del 10 luglio 2008 - relatore il consigliere ...

Ritenuto e considerato in fatto e in diritto quanto segue.

F A T T O

1. Il ricorrente è un sottufficiale con il grado di maresciallo ordinario dell’Arma dei Carabinieri in servizio permanente effettivo presso il Comando della Stazione dei Carabinieri di @@@@@@@@; egli ha partecipato alla selezione per la nomina dei Vice Procuratori onorari delle Procure della Repubblica presso i Tribunali ordinari della Corte d’Appello di @@@@@@@@, di cui al bando, con scadenza 10.12.2006, pubblicato sulla Gazzetta ufficiale n. 83 del 31.10.2006.

In data 3.11.2006 il ricorrente ha rivolto al Comando della Compagnia dei Carabinieri di @@@@@@@@ un’istanza volta ad ottenere il rilascio del “nulla - osta incondizionato rilasciato dall’Amministrazione di appartenenza”, come richiesto dall’articolo 4 del detto bando quale documentazione da allegare alla domanda, che l’istante ha poi presentato in data 7.12.2006, allegando i documenti richiesti, salvo il predetto nulla - osta sostituito dalla copia della relativa richiesta.

In data 11.1.2007 gli venivano comunicati, ai sensi dell’articolo 10 bis della legge 7.8.1990, n. 241, i motivi ostativi all’accoglimento dell’istanza in ordine ai quali, ancora in data 15 gennaio, l’istante presentava le proprie osservazioni.

In data 4.9.2007 gli veniva notificata la determinazione n. III/9/5/3820 datata 7.7.2007, citata in epigrafe, con la quale il Direttore generale per il personale militare del Ministero della Difesa non accoglieva l’istanza del ricorrente.

2. Con ricorso notificato il 31 ottobre 2007 e depositato presso la Segreteria del Tribunale il successivo giorno 12 novembre, il maresciallo @@@@@@@@ ha impugnato il diniego deducendo le seguenti censure:

I - “violazione di legge sub specie di violazione e/o falsa applicazione dell’articolo 97 della Costituzione e degli articoli 1, comma 1, 7 e 8 della legge 7.8.1990, n. 241 - ovvero eccesso di potere per esercizio non corretto del potere amministrativo nello svolgimento della procedura - annullabilità ex articolo 21 octies della legge 241/1990”, in quanto l’Amministrazione avrebbe omesso di dare comunicazione dell’avvio del procedimento, né avrebbe fornito l’indicazione della data entro la quale esso avrebbe dovuto concludersi ed i rimedi esperibili in caso di inerzia. Si allega inoltre una discordanza tra il preavviso di rigetto e il provvedimento finale nella citazione degli espressi pareri gerarchici;

II – “violazione di legge ovvero eccesso di potere sub specie di mancata applicazione o violazione e falsa applicazione dell’articolo 53 del decreto legislativo 30.3.2001, n. 165 - annullabilità ex articolo 21 octies della legge 241/1990” posto che sull’istanza del ricorrente si sarebbe formato il silenzio - assenso per l’avvenuta decorrenza del termine di 30 giorni previsto dal comma 10 dell’articolo 53 del D.lgs. n. 165 del 2001 e che conseguentemente l’Amministrazione avrebbe agito in assenza di potere in concreto;

III – “eccesso di potere e/o violazione di legge sub specie di travisamento ed erronea valutazione dei fatti, di illogicità o contraddittorietà della motivazione, di inosservanza di leggi e circolari, di disparità di trattamento, di ingiustizia manifesta - annullabilità ex articolo 21 octies della legge 241/1990”. Si lamenta l’asserita formalità ed astrattezza della motivazione addotta sia nel preavviso di rigetto che nel provvedimento finale, che sarebbe unicamente finalizzato ad evitare la creazione di un cosiddetto “precedente”. Non vi sarebbe, infatti, alcuna dimostrazione da parte dell’Amministrazione che il servizio svolto dal ricorrente sia effettivamente incompatibile con l’incarico richiesto, che sarebbe per tempo pianificato dalla Procura della Repubblica, non richiederebbe un impegno a tempo pieno e sarebbe in ogni caso esercitato al di fuori e compatibilmente con l’orario di servizio. Il ricorrente sostiene di aver già svolto la funzione di pubblico ministero delegato, dall’anno 2001 all’anno 2005 ai sensi del previgente ordinamento e senza pregiudizio per il servizio. Rileva, inoltre, il vizio di disparità di trattamento, atteso che altre Amministrazioni avrebbero concesso il nulla - osta in questione a dipendenti ufficiali di polizia giudiziaria non militari. Infine, si profilerebbe nella specie l’ingiustizia manifesta in quanto non si sarebbe tenuta in considerazione l’aspettativa del militare ad utilizzare i titoli posseduti in un campo diverso da quello istituzionale.

3. Con il ricorso è stata presentata istanza di risarcimento dei danni subiti sia sotto il profilo del lucro cessante e della perdita di chance che per quanto riguarda il danno esistenziale.

Il ricorrente ha altresì chiesto, in via cautelare, la sospensione del provvedimento impugnato.

4. Nei termini di legge si è costituita in giudizio l’Amministrazione statale intimata, che ha puntualmente controdedotto nel merito e ha chiesto la reiezione del ricorso perché infondato.

5. Alla camera di consiglio del 22 novembre 2007, con ordinanza n. 110/07, la domanda incidentale di misura cautelare è stata respinta.

6. Alla pubblica udienza del 10 luglio 2008 la causa è stata trattenuta per la decisione.

D I R I T T O

1. Il maresciallo @@@@@@@@ @@@@@@@@, ufficiale di Polizia giudiziaria, impiegato nella ricezione delle denunce e nella redazione delle comunicazioni delle notizie di reato presso il Comando della Stazione dei Carabinieri di @@@@@@@@, in possesso della laurea in giurisprudenza e dell’abilitazione all’esercizio della professione forense, ha anche svolto dal 16.11.2001 al 27.7.2005 le funzioni di pubblico ministero delegato in udienza conferitegli dal Procuratore della Repubblica presso il Tribunale di @@@@@@@@. La cessazione di tale incarico è stata conseguenza dell’entrata in vigore dall’articolo 17 del decreto legge 27.7.2005, n. 144, che ha implicitamente abrogato la facoltà del Procuratore della Repubblica di delegare ufficiali di polizia giudiziaria in servizio a rappresentare in udienza la pubblica accusa.

Con il decreto ministeriale 4.5.2005 sono stati fissati i nuovi criteri per la nomina dei Giudici onorari di Tribunale, recependo le circolari del Consiglio Superiore della Magistratura di data 16.12.2004, 13.1.2005 e 24.3.2005.

Successivamente è stata indetta la selezione per la nomina dei Vice Procuratori onorari delle Procure della Repubblica presso i Tribunali ordinari della Corte d’Appello di @@@@@@@@, di cui al bando di data 25.10.2006, con scadenza 10.12.2006, pubblicato sulla Gazzetta ufficiale n. 83 del 31.10.2006.

Il maresciallo @@@@@@@@, intenzionato a partecipare a detta selezione, ha chiesto all’Amministrazione di appartenenza il prescritto “nulla - osta incondizionato”, da allegare, unitamente ad altri documenti, al momento della presentazione dell’istanza per la nomina.

Alla relativa richiesta, presentata in data 3 novembre 2006, hanno fatto seguito in data 11 gennaio 2007 la comunicazione dei motivi ostativi al suo accoglimento e la successiva conclusione del procedimento in data 4 settembre 2007 con un provvedimento di diniego.

2. Il maresciallo @@@@@@@@ ha impugnato detto diniego, sostenendo che il suddetto nulla - osta dovrebbe intendersi già rilasciato in suo favore, poiché sulla sua richiesta di autorizzazione si sarebbe formato il silenzio - assenso e dunque l’effetto previsto dal combinato disposto dell’articolo 2 della legge 7.8.1990, n. 241 e dell’articolo 53, comma 10, del decreto legislativo 30.3.2001, n. 165; in ogni caso egli ha contestato la legittimità del tardivo diniego, che a suo avviso presenterebbe una motivazione puramente formale ed astratta. Egli ha, poi, denunciato l’omesso invio dell’avviso di apertura del procedimento, la mancata indicazione della data della sua conclusione e dei rimedi esperibili in caso d’inerzia, oltre a disparità di trattamento rispetto a dipendenti di altre Amministrazioni, cui il detto nulla - osta sarebbe stato costantemente concesso nonché incongruenza della motivazione in relazione ai diversi pareri richiamati nel preavviso di rigetto e del successivo diniego.

La difesa dell’Amministrazione, che pure non disconosce l’applicabilità dell’articolo 53 del citato decreto legislativo n. 165 del 2001, deduce, invece, che il suo comma 10 sarebbe applicabile solo nel caso di cooperazione interorganica e non quando la richiesta di autorizzazione sia presentata direttamente dall’interessato; in ogni caso afferma che l’Amministrazione avrebbe caducato il silenzio - assenso formatosi medio tempore per la prolungata inerzia del Ministero con il successivo, formale diniego del richiesto nulla - osta, che ben potrebbe essere qualificato come un intervento in sede di autotutela. Nel resto contesta la fondatezza dei profili dedotti.

3. Ad avviso del Collegio il ricorso è fondato.

Colgono, infatti, nel segno, assumendo rilievo assorbente sia la seconda censura, con cui è stato affermato che il richiesto nulla - osta incondizionato deve considerarsi acquisito per effetto del silenzio - assenso consolidatosi sulla prodotta domanda, sia, infine, le dedotte censure di eccesso di potere nei confronti della motivazione del provvedimento impugnato.

3a. Si premette al riguardo che tornano anzitutto applicabili al caso di specie i commi da 7 a 13 dell’articolo 53 del D.lgs. 30.3.2001, n. 165, in virtù del testuale disposto del comma 6 dello stesso articolo il quale stabilisce che i ”dipendenti delle amministrazioni pubbliche di cui all’articolo 1, comma 2, compresi quelli di cui all’articolo 3” - che contempla “il personale in regime di diritto pubblico” e, fra l’altro, “il personale militare e le Forze di polizia di Stato” - possono svolgere incarichi retribuiti, intendendosi per tali tutti gli incarichi, anche occasionali, per i quali è previsto sotto qualsiasi forma un compenso, fermo restando che essi debbono essere previamente autorizzati dall’Amministrazione di appartenenza. La relativa domanda deve essere presentata a quest’ultima da parte dei soggetti pubblici o privati che intendono conferire l’incarico, ma può essere inoltrata anche direttamente dal dipendente interessato a conseguire l’incarico in questione, come è avvenuto nel caso in esame.

Nel comma 10 dell’articolo 53 è, poi, prescritto che l’Amministrazione si pronunci sulla richiesta di autorizzazione entro il termine di trenta giorni decorrenti dalla ricezione della domanda e che, dopo il decorso del suddetto termine, “se l’autorizzazione è richiesta per incarichi da conferirsi da amministrazioni pubbliche”, la stessa “si intende accordata”.

La puntuale espressione della norma, che riferisce il costituirsi di detto tipico effetto nell’ipotesi che l’incarico debba essere assegnato da parte di un soggetto pubblico consente dunque di disattendere l’eccezione sollevata dall’Avvocatura dello Stato sul rilievo che la richiesta sarebbe stata avanzata direttamente da parte dell’interessato e non già dalla Procura della Repubblica.

Al riguardo la giurisprudenza, cui il Tribunale si associa, ha già avuto occasione di rilevare che “in tal modo, il legislatore coniuga le contrapposte esigenze delle parti, atteso che consente comunque all'amministrazione una pronuncia espressa, ma ne limita lo spatium deliberandi, prevedendo la formazione del silenzio assenso nel solo caso di conferimento dell'incarico da parte di un soggetto pubblico, laddove è meno avvertita e, quindi, risulta recessiva l'esigenza di tutela dell'interesse pubblico” ma anche che “il termine di legge è sufficientemente ampio per consentire una ponderata valutazione sulla compatibilità dell'incarico … con le esigenze di servizio” (cfr. T.A.R. Lazio, Roma, sez. I, 19.4.2007, n. 3453).

La scelta effettuata dal Legislatore di qualificare formalmente come assenso il silenzio serbato dall’Amministrazione nel termine stabilito non incide dunque sul regime autorizzatorio degli incarichi che possono svolgere i pubblici dipendenti, che rimane del tutto inalterato, essendo stato soltanto rigidamente prescritto un termine breve, ma reputato discrezionalmente sufficiente per l’esercizio del relativo potere di autorizzazione e nel concorso, quindi, di una modalità semplificata per conseguire quest’ultima.

In proposito può ricordarsi che la dottrina ha osservato che, con il regime del silenzio – assenso, l’Amministrazione è passata dal <dovere di provvedere> all’<onere di provvedere>, nel senso che è tenuta a tempestivamente attivarsi se vuole impedire il costituirsi dell’effetto indotto dalla valutazione legale tipica introdotta dal Legislatore. Al contempo, tuttavia, la giurisprudenza amministrativa ha a sua volta precisato che, dopo il decorso del termine, la maturazione del silenzio non comporta la consumazione tout court del potere amministrativo di intervenire successivamente sulla vicenda, ma che il provvedimento tardivamente adottato, seppure efficace, è illegittimo per violazione di legge e quindi annullabile.

Tale conclusione vale, tuttavia, soltanto per il tardivo diniego di autorizzazione, riservato restando il potere di intervento in via di autotutela per ragioni d’illegittimità; in tal caso l’esercizio del potere presuppone peraltro la sussistenza di diversi presupposti rispetto all’esercizio dl quello originario, trattandosi di un nuovo procedimento amministrativo che deve trovare svolgimento con tutte le relative garanzie procedimentali (cfr. T.R.G.A., @@@@@@@@, 3.4.2004, n. 136). In tale senso, ex multis, “il silenzio assenso, formatosi per decorso del tempo prescritto dall'inoltro dell'istanza, non può essere considerato dall'amministrazione tamquam non esset ma, prima dell'adozione del provvedimento negativo espresso, deve formare oggetto di provvedimenti caducatori nella via dell'autotutela” (cfr. C.d.S., sez. V, 20.3.2007, n. 1339).

3b. Per quest’ultimo aspetto deve essere, tuttavia, escluso che, diversamente da quanto allega l’Avvocatura dello Stato, il diniego in questa sede impugnato possa essere ricondotto alla categoria dei provvedimenti assunti in sede di autotutela; esso non manifesta, infatti, un iter procedimentale diverso da quello del procedimento che si è inteso negativamente concludere, come è reso evidente dal preavviso di reiezione, che è, infatti, tipica fase procedimentale di garanzia prima dell’adozione di un’eventuale statuizione negativa. La forma e la sostanza di un atto caducatorio e, in primis, la rivalutazione in concreto dell’assetto di interessi tutelato dal silenzio - assenso fanno, dunque, nella specie radicalmente difetto.

Il provvedimento de quo, invece, ha all’opposto inteso sostituirsi all’assenso tacito medio tempore formatosi, incidendo dunque arbitrariamente su di esso, che resta dunque privato dei suoi effetti in dipendenza della soluzione di continuità che tipicamente si configura tra l’illegittimità e l’efficacia del novello provvedimento sino al momento del suo annullamento in sede giurisdizionale in esito al giudizio che sia stato tempestivamente instaurato.

4. Se l’opposto diniego deve essere annullato per la sua patente tardività in applicazione delle norme più sopra richiamate, giova sottolineare che, per esigenza di completezza del richiesto esame in relazione anche alle regole che disciplinano i rapporti tra i due gradi di giudizio, il Collegio non reputa di assorbire gli ulteriori mezzi dedotti e, in particolare, il terzo, che è egualmente fondato e che può essere definito con priorità rispetto al primo, di cui si dirà in prosieguo.

Con questa censura diretta contro la motivazione addotta a sostegno dell’opposto diniego il ricorrente oppone la sua genericità, non avendo la procedente Amministrazione considerato né il precedente servizio svolto dall’istante nelle medesime funzioni presso la Procura della Repubblica di @@@@@@@@, nè l’esigenza di valorizzare le sue aspettative in relazione ai titoli di studio e professionali posseduti.

4a. Premette sotto questo profilo il Tribunale che il richiamo fatto dal Ministero nell’esordio della motivazione all’articolo 12 della legge 31.7.1954, n. 599 (Stato dei sottufficiali dell'Esercito, della Marina e dell'Aeronautica) il quale dispone che “il sottufficiale in servizio permanente non può esercitare alcuna professione, mestiere, industria o commercio, né comunque attendere ad occupazioni o assumere incarichi incompatibili con l'adempimento dei suoi doveri” non ha alcun rilievo insuperabilmente ostativo al rilascio del richiesto nulla - osta, dovendo detta norma essere necessariamente coordinata con l’articolo 53 del D.lgs. 30 marzo 2001, n. 165, con gli articoli 60 – 65 del D.P.R. 10 gennaio 1957, n. 3 e l’articolo 12 della legge 31 luglio 1954, n. 599: in questo articolato quadro normativo il divieto sancito dalla prima norma degrada, infatti, ad una incompatibilità relativa, posto che alcune attività, fra le quali rientra quella di Vice Procuratore onorario, possono essere esercitate dai pubblici dipendenti, previo il rilascio di un’autorizzazione da parte dell’Amministrazione di appartenenza.

Per quanto più in particolare attiene al caso in esame va anche precisato che l’espressa compatibilità tra la detta qualifica e quella di ufficiale di Polizia giudiziaria era espressamente prevista dal’articolo 72 del R.D. 30.1.1941, n. 12, che testualmente disponeva che le funzioni di pubblico ministero potessero essere delegate ad ufficiali di Polizia giudiziaria purché diversi da quelli che avevano preso parte alle indagini preliminari. L’articolo 17 del D.L. 27.7.2005, n. 144, convertito in legge, con modificazioni, dall’articolo 1 della legge 31.7.2005, n. 155, ha implicitamente abrogato la facoltà del Procuratore della Repubblica di delegare ufficiali di Polizia giudiziaria in servizio a rappresentare la pubblica accusa in udienza, ma non ha introdotto alcuna incompatibilità tra le due funzioni in quanto la nuova disciplina deve essere letta alla luce del nuovo testo dell’articolo 71 del R.D. n. 12 del 1941, ove si dispone che i Vice Procuratori onorari siano nominati con le modalità previste per la nomina dei giudici onorari di tribunale, rinviando espressamente agli articoli 42 ter e seguenti del predetto R.D. n. 12 del 1941. Detta disciplina, come aggiunta dall’articolo 8 del D.lgs. 19.2.1998, n. 51, dispone in ordine alle procedure di nomina dei giudici onorari di tribunale, stabilendo che costituisce uno dei titoli di preferenza l’esercizio previo di funzioni giudiziarie: in conclusione non vi è alcuna disposizione che stabilisca l’incompatibilità tra le funzioni di polizia giudiziaria e quelle di magistrato requirente onorario.

4b. Chiarito quanto precede il Collegio deve darsi ora carico dell’ipotesi formulata nella ridetta motivazione che il maresciallo @@@@@@@@ potrebbe trovarsi, nell’ambito di un medesimo procedimento penale, in una condizione di incompatibilità tra le funzioni primarie di ufficiale di Polizia giudiziaria e quelle di Vice Procuratore onorario. Al riguardo è, tuttavia, sufficiente osservare che, nel nuovo regime della nomina dei Vice Procuratori onorari, la verifica e le conseguenti determinazioni in ordine ai casi di incompatibilità dell’aspirante a svolgere le funzioni di pubblico ministero, ai sensi degli articoli 2 e 5 del D.M. 4.5.2005, sono attribuite non già all’Amministrazione di appartenenza dell’interessato, cui resta dunque preclusa ogni competenza al riguardo, ma al Procuratore della Repubblica presso il Tribunale.

4c. Occorre ora sottolineare che tutte le autorizzazioni allo svolgimento di incarichi extra istituzionali da parte degli appartenenti ai corpi militari sono caratterizzate da ampia discrezionalità amministrativa, competendo all’Amministrazione di appartenenza di verificare in concreto la compatibilità dell’esercizio di diverse funzioni con le esigenze del servizio, manifestando, se del caso, la sussistenza di ragioni contrarie nel conseguente diniego.

Sul diverso versante interorganico l’autorizzazione dell’Amministrazione di appartenenza del pubblico dipendente aspirante alla nomina a Vice Procuratore onorario assolve “la diversa funzione di far conoscere all’Amministrazione della Giustizia che non sussistono cause ostative allo svolgimento delle suddette funzioni onorarie da parte del pubblico dipendente derivanti da esigenze organizzative e/o di servizio dell’Amministrazione di appartenenza” (cfr. T.A.R. Emilia Romagna, Parma, 29.4.2004, n. 188).

Nel caso in esame, tuttavia, la motivazione posta a fondamento dell’impugnato diniego di autorizzazione non resiste alla censura di genericità rivoltale dal ricorrente, essendo stata, da una parte, fondata sull’asserita sussistenza di un’ipotesi di incompatibilità che non trova supporto normativo o che comunque non doveva essere in quella sede vagliata e, nel resto, non dà conto delle puntuali e prevalenti esigenze organizzative e di servizio che osterebbero allo svolgimento del ridetto incarico.

A parere del Collegio non sarebbe dovuto sfuggire, in particolare, che l’istante è attualmente addetto ad un’attività articolata in turni di servizio, che coprono l’arco temporale o del mattino (7 – 13) o del pomeriggio (13 – 19), e che egli aveva in ogni caso reso manifesta la propria determinazione di esercitare le funzioni di magistrato onorario “in maniera compatibile con le esigenze di servizio”, utilizzando le mattinate libere dal servizio, nonché i giorni di riposo e di licenza, il che era stato dichiarato nella richiesta di nulla - osta datata 3.11.2006 e ribadito nella successiva nota del 15.1.2007 con le osservazioni presentate ai sensi dell’articolo 10 bis della legge n. 241 del 1990; l’esigenza che le ragioni ostative fossero specificamente poste in luce trovava, poi, fondamento nell’antecedente, pluriennale esercizio delle stesse funzioni con l’incontroversa compatibilità che ne derivava con l’attività di servizio, per la quale l’interessato è stato valutato dai propri superiori gerarchici con il giudizio di <eccellente>, riuscendo nel contempo ad effettuare la pratica legale ed a conseguire l’abilitazione all’esercizio della professione di avvocato.

La mera affermazione che “l’assunzione dell’incarico comporterebbe un sensibile e duraturo condizionamento al suo impiego in ogni altra attività di servizio” e che “l’assunzione dell’incarico richiederebbe un impegno sicuramente inconciliabile con le primarie esigenze di servizio” appare dunque formula apodittica, dalla quale non traspaiono sotto alcun aspetto le sottostanti ragioni che hanno condotto il Ministero ad adottare l’impugnata statuizione.

Una diversa motivazione, che avesse dato conto dei motivi per i quali, diversamente da quanto avvenuto negli anni precedenti, l’autorizzazione non poteva essere rilasciata avrebbe nella specie non soltanto assolto l’obbligo discendente dall’articolo 3 della legge 7.8.1990, n. 241, ma avrebbe potuto far comprendere all’interessato su quali presupposti la ritenuta preclusione si fondasse; soltanto per tale via dunque avrebbe potuto essere resa manifesta la preminenza del servizio rispetto alle pur legittime e comprensibili aspirazioni dell’interessato a migliorare il proprio bagaglio professionale, in ciò non escluso restando, ben al di là del conseguimento di tale obiettivo, un potenziale vantaggio per lo stesso Corpo, cui il maresciallo @@@@@@@@ appartiene con l’esercizio delle mansioni di ufficiale di Polizia giudiziaria.

5. Devono, invece, essere disattesi i profili dedotti con il primo mezzo, dovendo ritenersi che all’Amministrazione non competa alcun dovere di dare avviso dell’apertura del procedimento e di indicare nel suddetto avviso il termine di conclusione dello stesso e dei rimedi avverso l’eventuale inerzia; è, infatti, sufficiente rilevare – del tutto indipendentemente dalla novella all’articolo 8 della legge 7.8.1990, n. 241 con l’aggiunta della lettera c-ter) ad opera dell’articolo 5 della legge 11.2.2005, n. 15 - che il procedimento in questione è rigidamente regolato dalle richiamate norme di legge sia per quanto attiene alla scadenza del termine per il rilascio ovvero il diniego del nulla - osta sia per quanto riguarda l’aspetto della tutela, posto che, per quest’ultimo aspetto, il consolidarsi del silenzio – assenso definisce la vicenda senza necessità di alcun successivo ricorso in sede giurisdizionale. L’incongruenza denunciata tra i pareri richiamati nel preavviso di rigetto ed il provvedimento finale non è capace, a parere del Collegio, d’indubitare le ragioni poste a fondamento del diniego, enunciate nel ritenuto contrasto di un’attività esterna con i compiti propri del dipendente, mentre, infine, la denunciata disparità di trattamento, argomentata sul rilievo che l’autorizzazione sarebbe stata rilasciata a dipendenti di altre Amministrazioni, è in radice insussistente, posto che il ridetto vizio si configura soltanto quando due eguali vicende siano diversamente disciplinate dall’Amministrazione nell’esercizio del proprio potere discrezionale.

6. Da ultimo resta da definire la domanda risarcitoria del ricorrente, avanzata sia sotto il profilo del lucro cessante per il mancato guadagno dell’indennità di udienza, del danno per la perdita di chance a causa del mancato ampliamento della sfera giuridica del ricorrente, nonché di quello esistenziale per la lesione del diritto di esercitare pienamente la propria personalità.

Il richiesto risarcimento non può essere tuttavia accordato. Si osserva che, per costante giurisprudenza del Giudice amministrativo, il mero annullamento in sede giurisdizionale di un diniego illegittimamente opposto dall’Amministrazione non costituisce di per sé il fondamento della risarcibilità del danno sofferto ogni volta che, in capo alla stessa Amministrazione, residui il potere di riesaminare la vicenda alla luce di quanto statuito nella pronuncia e non vi sia dunque certezza che un successivo provvedimento autorizzatorio sia rilasciato a favore dell’istante (cfr., ex multis, C.d.S., sez. IV, 29.1.2008, n. 248; T.A.R. Lombardia, Milano, sez. IV, 3.3.2008, n. 454; T.A.R. Sardegna, sez. II, 13.3.2007, n. 445; T.A.R. Liguria, sez. I, 12.10.2005, n. 1347).

L’interesse pretensivo al conseguimento del richiesto titolo può conseguentemente essere risarcito soltanto se, sussistendo tutti i requisiti dell’illecito, sia possibile dimostrare in giudizio che la prodotta domanda era ed è destinata ad un esito favorevole.

Sotto un diverso profilo non è stato poi affatto comprovato che, ove l’Amministrazione avesse rilasciato nei termini di legge il richiesto nulla - osta, il richiedente avrebbe esercitato le funzioni di Vice Procuratore onorario presso i tribunali ordinari della Corte d’Appello di @@@@@@@@; l’inserimento della sua domanda nella prodotta graduatoria provvisoria datata 18.12.2006 non dimostra invero che lo stesso sarebbe stato sicuramente chiamato a svolgere l’ambito incarico.

6. In conclusione il ricorso deve essere accolto nei limiti di cui in motivazione, mentre va respinta la domanda di risarcimento del danno.

Le spese del giudizio, vista la particolarità della vicenda esaminata, possono rimane compensate tra le parti.

P. Q. M.

il Tribunale Regionale di Giustizia Amministrativa del Trentino - Alto Adige, sede di @@@@@@@@, definitivamente pronunciando sul ricorso n. 226 del 2007, lo accoglie nei termini di cui in motivazione. Respinge la domanda di risarcimento del danno

Spese del giudizio compensate.

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’Autorità amministrativa.

Così deciso in @@@@@@@@, nella camera di consiglio del 10 luglio 2008, con l’intervento dei Magistrati:

...

        N. 216/2008    Reg. Sent.  

N.  226/2007  Reg. Ric.