Ricorso n. 269/2006      Sent. n. 1711/06

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

  Il Tribunale Amministrativo Regionale per il Veneto, prima Sezione, con l’intervento dei magistrati:

Avviso di Deposito

del

a norma dell’art. 55

della   L.  27  aprile

1982 n. 186

Il Direttore di Sezione

  Bruno Amoroso   - Presidente

  Fulvio Rocco    - Consigliere, rel.

  Marco Buricelli   - Consigliere

  ha pronunciato la seguente

SENTENZA

sul ricorso R.G. 269/2006 proposto, ai sensi dell’art. 21 bis della L. 6 dicembre 1971, n. 1034 così come introdotto dall’art. 2 della L. 21 luglio 2000 n. 205, da xxxxxx, rappresentato e difeso dall’Avv.  Giovanni Attilio De Martin e dall’Avv. Valentino Menon, con domicilio eletto in Venezia presso la Segreteria del T.A.R. Veneto,

contro

-   il Ministero dell’Interno, in persona del Ministro pro tempore,  non costituitosi in giudizio;

- il Dipartimento della Pubblica Sicurezza (Ministero dell’Interno), in persona del Capo della Polizia  pro tempore, non costituitosi in giudizio;

-      il Comitato di verifica per le cause di servizio costituito presso il Ministero dell’Economia e delle Finanze, in persona del suo legale rappresentante pro tempore, non costituitosi in giudizio,

per l'accertamento

della violazione, da parte delle Pubbliche Amministrazioni intimate, del diritto soggettivo perfetto a’ sensi dell’art. 2 della L. 7 agosto 1990, n. 241, in relazione al D.P.R. 28 ottobre 2001 n. 461, del Sig. xxxxxx, già Ispettore Capo della Polizia di Stato ad ottenere il provvedimento finale di riconoscimento dell’equo indennizzo a seguito di malattia riconosciuta come dipendente da causa di servizio;  nonchè

per la condanna

del Ministero dell'interno -Dipartimento della Pubblica Sicurezza, e del Ministero dell’Economia e delle Finanze –Comitato di verifica per le cause di servizio, in conseguenza del silenzio –inadempimento, alla sollecita definizione, ognuno per la parte di rispettiva competenza, del procedimento amministrativo per il riconoscimento del beneficio dell’equo indennizzo mediante l'adozione del provvedimento definitivo così come espressamente previsto dall'art. 14 del D.P.R. 461 del 2001, nonché dall’art. 2 della L. 241 del 1990;

    visto il ricorso, con i relativi allegati;

    visti gli atti tutti della causa;

    uditi, alla camera di consiglio del 10 maggio 2006 -relatore il consigliere Fulvio Rocco – l’Avv. A. De Martin per il ricorrente;

    ritenuto in fatto e considerato in diritto quanto segue:

    FATTO E DIRITTO

    1.1. Il ricorrente, Sig. xxxxxxx, Ispettore Capo della Polizia di Stato in quiescenza, ha inoltrato in data 29 marzo 2005 una documentata istanza all’Amministrazione di appartenenza al fine del riconoscimento della causa di servizio per le seguenti patologie: “piccoli appuntamenti artrosici alle interfalangee distali; lievi segni di sofferenza neurogena di aspetto cronico e senza denervazione acuta nel muscolo estensore radiale carpo sinistro innervato dalle radici cervicali C6-C7” (cfr. doc. 1 di parte ricorrente).

    Tale domanda è stata trasmessa alla competente Commissione Medico Ospedaliera di Padova ai fini della sottoposizione dell’interessato ai conseguenti esami clinici e diagnostici (cfr. ibidem, doc. 2).

    La Commissione, con processo verbale mod. B n. 461 dd. 25 agosto 2005, ha valutato le infermità anzidette riconoscendole come dipendenti da causa di servizio e le ha ascritte alla V^ categoria della Tabella A) annessa al D.P.R. 23 dicembre 1978 n. 915 e sostituita per effetto del D.P.R. 30 dicembre 1981 n. 834.

    Il processo verbale della Commissione e la documentazione ad esso inerente sono stati trasmessi con nota Prot. n. 2.12/100-9979 dd. 5 ottobre 2005, a firma del Dirigente preposto all’VIII Reparto Mobile di Firenze (ultima sede di servizio del xxxxx) al Ministero dell’Interno – Dipartimento della Pubblica Sicurezza – Direzione Centrale per le risorse umane – Servizio Trattamento di pensione e di previdenza – Divisione I – Sezione III, per il seguito di competenza (cfr. ibidem, doc. 4).

    Susseguentemente, il medesimo Dirigente ha pure trasmesso allo stesso Ufficio, mediante nota Prot. n. 2.12/101-10235 dd. 6 ottobre 2005, il Verbale Mod. b) n. 461 dd. 25 agosto 2005 della Commissione, unitamente alla domanda di revisione del decreto di pensione privilegiata (cfr. ibidem, doc. 5).

        1.2. Peraltro, a fronte di tutto ciò il xxxxx non ha ottenuto riscontro da parte dell’anzidetto Ufficio ministeriale e, pertanto, con il ricorso in epigrafe, proposto a’ sensi e per gli effetti dell’art. 21 bis della L. 6 dicembre 1971, n. 1034 così come introdotto dall’art. 2 della L. 21 luglio 2000 n. 205, egli chiede l’accertamento della violazione, da parte del Ministero dell'interno, del Dipartimento della Pubblica Sicurezza costituito presso il Ministero medesimo  e del Comitato di verifica per le cause di servizio costituito presso il Ministero dell’Economia e delle Finanze, del diritto soggettivo perfetto, a’ sensi dell’art. 2 della L. 7 agosto 1990 n. 241 e in relazione al D.P.R. 28 ottobre 2001 n. 461, ad ottenere il provvedimento finale di riconoscimento dell’equo indennizzo a seguito di malattia riconosciuta come dipendente da causa di servizio;  nonchè la condanna delle Amministrazioni anzidette, in conseguenza del silenzio –inadempimento da esse serbato, alla sollecita definizione, ognuno per la parte di rispettiva competenza, del procedimento amministrativo per il riconoscimento del beneficio dell’equo indennizzo mediante l'adozione del provvedimento definitivo così come espressamente previsto dall'art. 14 del D.P.R. 461 del 2001, nonché dall’art. 2 della L. 241 del 1990.

         Il ricorrente, dopo aver premesso che a’ sensi dell’art. 2, comma 4-bis, della L. 241 del 1990 così come introdotto dall’art. 2 della L. 11 febbraio 2005 n. 15 non risulterebbe più necessaria la previa diffida alle Amministrazioni anzidette prima di notificare ad esse l’atto introduttivo del presente giudizio,  deduce l’avvenuta violazione e falsa applicazione degli artt. 11 e 14, comma 3, del D.P.R. 461 del 2001, nonché l’avvenuta violazione degli artt. 1 e 2 della L. 241 del 1990.

       2. Non si sono costituite in giudizio le Amministrazioni intimate.

       3. Con ordinanza n. 30 dd. 15 marzo 2006 la Sezione ha “ritenuto che per la decisione del ricorso in epigrafe necessita(va) conoscere nel dettaglio l’attuale stato della pratica avviata dal ricorrente” e, “ritenuta, pertanto, la necessità di acquisire da parte del Dirigente preposto alla Direzione IV – Ufficio equo indennizzo del Servizio trattamento di pensione e di previdenza – Direzione centrale per le risorse umane del Dipartimento della P.S. – Ministero dell’Interno, un’informazione scritta sulla circostanza se, e quando, a’ sensi degli artt. 10, 11, 13 e 14 del D.P.R. 29 ottobre 2001 n. 461, sia stata trasmessa al Comitato di verifica, per le cause di servizio (Ministero dell’Economia e delle Finanze) la domanda del ricorrente finalizzata al riconoscimento in suo favore dell’equo indennizzo” ha disposto in tal senso, specificando che “nella medesima informativa … (doveva) essere – altresì – indicata e, ove del caso, documentata l’eventuale esistenza di una pronuncia al riguardo, da parte del Comitato medesimo”.

        La Sezione ha accordato all’Ufficio anzidetto il termine di 20 giorni decorrente dalla comunicazione della medesima ordinanza, ovvero decorrente dalla sua eventuale notificazione – ove anteriormente eseguita – per provvedere al sopradescritto incombente, e ha disposto il rinvio della trattazione della domanda del ricorrente alla camera di consiglio odierna.

          3. In data odierna, dopo aver constatato che l’Ufficio destinatario della sopradescritta richiesta non ha provveduto, il Collegio ha trattenuto la causa per la decisione.

           4.1. Tutto ciò premesso, il ricorso in epigrafe va accolto nei limiti qui appresso descritti.

           4.2. Come si è detto innanzi, il ricorrente -  fatta una premessa sulla non necessarietà della previa notificazione alle Amministrazioni intimate di un “apposito atto stragiudiziale di significazione, diffida e messa in mora”, e ciò in considerazione della sopravvenuta modifica dell’art. 2 della L. 241 del 1990 a seguito alla entrata in vigore dell’art. 2 della L. 15 del 2005 -  ha dedotto la violazione degli artt.11 e 14 del D. P.R. 461 del 2001 e degli artt. 1 e 2 della L. 241 del 1990.

          Il ricorrente evidenzia, in particolare, che il provvedimento finale sull’istanza di riconoscimento dell’equo indennizzo sarebbe dovuto intervenire entro il termine massimo di 110 giorni dalla data di inoltro della relativa domanda al Ministero dell’Interno, avvenuta il 5 ottobre 2005, ossia entro il 23 gennaio 2006: termine che, nella specie, risulta pertanto eluso. 

    4.3. Il Collegio – per parte propria – evidenzia, innanzitutto,  che a seguito dell’entrata in vigore dell’art. 21-bis della L. 6 dicembre 1971 n. 1034, introdotto per effetto dell’art. 2 della L. 21 luglio 2000 n. 205, ai fini dell’impugnazione in sede giurisdizionale del silenzio-inadempimento non è più necessario che venga posta in essere la rigorosa sequenza di cui all’art. 25 del T.U. approvato con D.P.R. 10 gennaio 1957 n. 3 e che era finalizzata a conferire al silenzio-rifiuto medesimo un significato tipico (cfr., sul punto, T.A.R. Puglia, Lecce, Sez. I, 23 gennaio 2002 n. 131), atteso che –ora –una volta decorso inutilmente il termine essenziale fissato per l’espressa e motivata conclusione del procedimento amministrativo, l’inadempimento dell’obbligo di risposta da parte dell’Amministrazione procedente è in re ipsa e, quindi, può essere immediatamente fatto constare in via d’azione (cfr. T.A.R. Campania, Napoli, Sez. V, 13 aprile 2005 n. 3921 e T.A.R. Lazio, Sez. I – bis, 18 gennaio 2005 n. 384).

    4.4. Il Collegio reputa, quindi, opportuno rammentare che il procedimento amministrativo attivato dall’attuale ricorrente e a tutt’oggi non concluso,  fino ad epoca recente era disciplinato dal D.P.R. 20 aprile 1994 n. 349, il quale – peraltro – è stato abrogato dal D.P.R. 29 ottobre 2001, n. 461, recante – a sua volta – una nuova disciplina del procedimento per il riconoscimento della dipendenza delle infermità da causa di servizio e per la concessione dell’equo indennizzo;

    Il D.P.R. 461 del 2001, pubblicato nella Gazzetta Ufficiale del 7 gennaio 2002 n. 5 ed entrato in vigore, secondo le norme comuni della vacatio legis, il seguente 22 gennaio, trova dunque indubitabile applicazione nella presente controversia, rilevando – segnatamente – ai fini che qui interessano,  l’art. 14 comma 3, il quale stabilisce che “in caso di concorrente richiesta di equo indennizzo prima della espressione del parere del Comitato, è adottato un unico provvedimento di riconoscimento di dipendenza da causa di servizio e concessione di equo indennizzo; per i procedimenti non concorrenti di concessione di equo indennizzo si applicano la procedura ed i termini procedimentali previsti dal presente regolamento”, ossia gli anzidetti 110 giorni.

    Per accogliere il ricorso è sufficiente al Collegio il conciso richiamo a numerosi precedenti della Sezione su controversie analoghe a quella odierna e, da ultimo, alla sentenza n. 2146 del 2004, alla quale si rinvia  anche ai sensi dell’art. 9 della L.  205 del 2000.

    Per la sua formulazione – infatti - la disciplina anzidetta non lascia adito ad incertezze interpretative: determinante è la locuzione “nel rispetto dei termini procedimentali”, la quale conduce ad escludere che l’Amministrazione possa ulteriormente dilazionare la sua decisione, in particolare riferendosi a carenze e ritardi imputabili agli organi chiamati a fornire le proprie valutazioni, e, dunque, anche alla mancanza del parere del C.V.C.S.

    In ordine a tale ultima questione, rilevano in particolare le osservazioni contenute nel parere del Consiglio di Stato -Commissione speciale per il pubblico impiego, 5 novembre 2001, n. 480/2000, secondo il quale il giudizio già espresso dal Comitato per le pensioni privilegiate ordinarie (ora C.V.C.S.), per il suo contenuto complesso, non assume ordinariamente la fisionomia della valutazione tecnica, e non è perciò disciplinato tanto dall’ art. 17 della L. 241 del 1990 (il quale – a sua volta - considera, tra l’altro, l’ipotesi che si debbano acquisire valutazioni tecniche prima di adottare un provvedimento, ed il soggetto tenuto a fornirle non vi provveda tempestivamente), quanto dal precedente art. 16 (come sostituito dall’art. 17, comma 24,  della  L. 15 maggio 1997  n. 127), che si riferisce a pareri non riducibili a tali valutazioni.

    Trovano così applicazione, nella fattispecie, le disposizioni contenute nei commi 1 e 2 dello stesso art. 16, per cui gli organi consultivi delle pubbliche amministrazioni devono rendere i pareri ad essi obbligatoriamente richiesti entro 45 giorni dal ricevimento della richiesta, termine da ritenere prevalente su quelli eventualmente contenuti in atti regolamentari previgenti, come nel caso, alla novella del 1997; mentre, ove il termine sia decorso, senza che il parere sia stato comunicato, o siano state almeno rappresentate esigenze istruttorie, “è in facoltà dell’amministrazione richiedente di procedere indipendentemente dall’acquisizione del parere”.

    Quest’ultima prescrizione, peraltro, ad avviso del Collegio, va comunque correlata al dovere di dare risposta tempestiva (e, cioè, nei termini di cui al menzionato art. 14 del D.P.R. 461 del 2001) alla domanda di equo indennizzo, prevalente sulla richiamata facoltà, e tale da imporre di assumere senz’altro una determinazione sull’istanza qualora, attendendo il parere del C.V.C.S., venga superato il rammentato limite di 110 giorni;

    Ove poi, per conseguenza, in tal modo dovesse mancare nel corso dell’istruttoria una valutazione tecnica di ordine medico legale, ritenuta comunque necessaria, l’Amministrazione ben potrebbe avvalersi di “altri organi dell’amministrazione pubblica”, di “enti pubblici che siano dotati di qualificazione e capacità tecnica equipollenti”, ovvero “di istituti universitari” (come prescrive l’ art. 17, comma 1, della l. 241/90, e come viene suggerito nel citato parere 480/2000: sul recepimento di tale indirizzo da parte della nuova disciplina, cfr. gli artt. 8 e 9 del D.P.R. 461 del 2001).

    Pertanto, il termine indicato nel ripetuto art. 14 individua il limite entro il quale l’Amministrazione ha il dovere di concludere il procedimento “mediante l’adozione di un provvedimento espresso” (cfr. art. 2 della L. 241 del 1990): e sebbene la decisione assunta dopo tale scadenza non sia per ciò stesso illegittima, il superamento dell’intervallo temporale senza che sia stata adottata una pronuncia determina una situazione d’inerzia, ovvero di silenzio-inadempimento, che legittima l’interessato a promuovere il ricorso a’ sensi dell’art. 21 bis della L. 1034 del 1971: e in conseguenza di ciò il ricorso in epigrafe va dichiarato senz’altro fondato, poiché il Ministero dell’Interno –Dipartimento per la pubblica sicurezza (e il Comitato di verifica per le cause di servizio) non si sono pronunciati sulla domanda del xxxxx entro il termine stabilito al riguardo: termine  che non può ritenersi giustificatamente sospeso solo per la mancanza del prescritto parere del C.V.C.S., poiché, come detto, l’Amministrazione è comunque obbligata a decidere sull’istanza, ove necessario avvalendosi di altri organi tecnici, ma rispettando comunque il predetto limite temporale.

    In conclusione, nell’accogliere il presente ricorso, il Collegio stima equo ordinare al Ministero dell’interno – Dipartimento per la Pubblica Sicurezza, di provvedere - entro 90 giorni dalla comunicazione ovvero dalla notificazione in via amministrativa della presente decisione, previa espressione del parere da parte del Comitato di verifica entro 60 giorni -   sulla domande presentate dal xxxx in data 5 ottobre 2005: nel provvedere l’Amministrazione dovrà uniformarsi a tutte le indicazioni contenute in questa decisione, e, in particolare, sarà tenuta a motivare congruamente l’eventuale decisione sfavorevole all’interessato.

    Va soggiunto che il Collegio ritiene di dovere limitarsi a dichiarare l’obbligo delle pubbliche autorità di provvedere, non sussistendo le condizioni per conoscere la fondatezza delle istanze.

    Le spese seguono la soccombenza e sono liquidate come da dispositivo.

P.Q.M.

    Il Tribunale amministrativo regionale per il Veneto, I sezione, definitivamente decidendo sul ricorso in epigrafe lo accoglie e, per l’effetto,

                                               ordina

    al Ministero dell’Interno di decidere sull’istanza presentata dal ricorrente entro 90 giorni dalla comunicazione ovvero dalla notificazione della presente decisione, previo parere del Comitato di verifica per le cause di servizio da rendersi, a sua volta, entro 60 giorni dalla comunicazione ovvero dalla notificazione della presente decisione.

    Condanna il Ministero dell’Interno e il Ministero dell’Economia e delle Finanze alla rifusione delle spese di giudizio, che liquida in € 1.500,00 (millecinquecento/00 euro), oltre i.v.a. e c.p.a., in ragione di metà per ciascuno.

    Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’Autorità amministrativa.

    Così deciso in Venezia, nella camera di consiglio del  10 maggio 2006.

     Il Presidente      l’Estensore 
 

    Il Segretario 
 
 

SENTENZA DEPOSITATA IN SEGRETERIA

il……………..…n.………

(Art. 55, L. 27/4/1982, n. 186)

Il Direttore della Prima Sezione 
 

T.A.R. per il Veneto – I Sezione n.r.g. 269/06