N.  .../08  Reg.Dec. 
 

N.    1313    Reg.Ric. 
 

ANNO  2007

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

      Il Consiglio di Giustizia Amministrativa per la Regione Siciliana, in sede giurisdizionale, ha pronunziato la seguente

D E C I S I O N E

sul ricorso in appello n. 1313/2007, proposto da

@@@@@@@@ @@@@@@@@,

rappresentato e difeso dall'avv. ..

c o n t r o

il MINISTERO DELL’INTERNO - DIPARTIMENTO DELLA PUBBLICA SICUREZZA, in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentato e difeso dall'Avvocatura distrettuale dello Stato di Palermo, presso i cui uffici in via A. De Gasperi n. 81 è per legge domiciliato;

per l'annullamento

della sentenza del Tribunale Amministrativo Regionale per la Sicilia - sede di Palermo (sez. I) - n. 1868 dell’11 settembre 2006.

     Visto il ricorso con i relativi allegati;

     Vista la costituzione in giudizio dell’Avvocatura dello Stato per il Ministero dell’interno – Dipartimento della P.S.;

     Visti gli atti tutti della causa;

     Relatore alla pubblica udienza del 22 aprile 2008 il consigliere ..

     Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue

F A T T O

     1. In primo grado, il ricorrente ha chiesto l'annullamento del decreto del Capo della Polizia del 27 luglio 1999, con il quale è stata rideterminata la sua collocazione nei ruoli della Polizia di Stato, a seguito di un procedimento penale e di alcuni procedimenti disciplinari e amministrativi.

     L’adito Tribunale Amministrativo Regionale per la Sicilia, sez. I, con sentenza n. 1868 del 2006, ha respinto il ricorso.

     2. La sentenza è impugnata dall’appellante, che ne chiede la riforma.

     L’amministrazione intimata si è costituita in giudizio, per resistere al ricorso.

D I R I T T O

  1. Il ricorrente, Ispettore della Polizia di Stato è stato coinvolto, in data 1 agosto 1985, in una vicenda penale, per cui è stato sospeso dal servizio in via cautelare dal 10/10/1985 al 21/3/1987 ed è stato condannato alla pena di tre anni di reclusione per omicidio preterintenzionale con sentenza n. 11/1994 della Corte di Assise di Appello di Caltanissetta.

     La stessa sentenza ha dichiarato condonata la parte di pena detentiva eccedente la carcerazione preventiva già scontata dal 10/10/1985 al 3/11/1986.

     Successivamente alla definizione del procedimento penale, l’appellante è stato sottoposto al procedimento disciplinare presso la Corte di Appello di Palermo, ai sensi dell’articolo 17 del D.lvo n. 271/1989, conclusosi con la sanzione della sospensione dallo stipendio e dall’impiego per giorni quindici, dal 4 al 18 novembre 1986, nonché al distinto procedimento disciplinare previsto dal D.P.R. n. 737/1981, conclusosi con la sanzione disciplinare della pena pecuniaria nella misura di 1/30 di una mensilità dello stipendio.

     A conclusione della complessa vicenda giudiziaria e disciplinare, il Capo della Polizia ha adottato il decreto del 27 luglio 1999, con il quale è stata rideterminata la collocazione del ricorrente nei ruoli della Polizia di Stato, quanto al trattamento economico ed all’anzianità di servizio.

     Per l'annullamento del decreto del Capo della Polizia, il dipendente ha adito il Tribunale Amministrativo Regionale per la Sicilia, sez. I, che, con sentenza n. 1868 del 2006, ha respinto il ricorso.

     2. In sede d’appello, il ricorrente sostiene l’erroneità della sentenza impugnata, di cui ne chiede la riforma.

     In particolare, reitera i motivi di censura disattesi dal primo giudice:

     a) violazione dell’articolo 8 della legge n. 241/1990 per omessa comunicazione dell’avvio del procedimento, conclusosi con il predetto decreto del 27 luglio 1999;

     b) violazione e falsa applicazione dell’articolo 96 del d.p.r. n. 3/1957, in relazione all’articolo 10 del D.P.R. n. 737/1981.

     L’amministrazione intimata si è costituita in giudizio, per resistere al ricorso.

     3. Il ricorso va rigettato.

     3.1. Quanto al primo motivo non sussiste la dedotta violazione dell’articolo 8 della legge n. 241/1990, per omessa comunicazione dell’avvio del procedimento.

     A seguito della richiamata vicenda penale, nei confronti del ricorrente è stato adottato:

     a) il provvedimento di sospensione cautelare nelle more della definizione del procedimento penale;

     b) il provvedimento disciplinare della sospensione dall’impiego e dallo stipendio per 15 giorni adottato dalla Commissione Disciplinare istituita presso la Corte d’Appello di Palermo, competente, ai sensi dell’articolo 17 del D.lvo n. 271/1989, a giudicare sull’azione disciplinare promossa nei confronti degli agenti e degli ufficiali di polizia giudiziaria;

     c) l’ulteriore sanzione disciplinare della pena pecuniaria, ai sensi dell’articolo 4, nn. 10, 17 e 18 del D.P.R. n. 737/1981;

     d) da ultimo, il decreto del 27 luglio 1999, con il quale il Capo della Polizia ha rideterminato la collocazione del ricorrente nei ruoli della Polizia di Stato, quanto al trattamento economico ed all’anzianità di servizio.

     Quest’ultimo provvedimento s’inquadra nel contesto di un procedimento complesso e vincolato che si articola in più fasi; pertanto, il dipendente era a piena conoscenza, fin dal primo provvedimento, che l’amministrazione era tenuta, sotto il profilo consequenziale, anche all’espletamento di ulteriori procedimenti fino alla definizione del suo status giuridico ed economico.

     Quindi, non era necessario l’avviso del procedimento all'inizio di ogni successiva fase procedimentale, ivi compresa l’ultima conclusasi con l’impugnato decreto del 27 luglio 1999.

     3.2. Parimenti infondata è la censura di violazione e falsa applicazione dell’articolo 96 del D.P.R. n. 3/1957, in relazione all’articolo 10 del D.P.R. n. 737/1981.

     Sostiene il ricorrente che il computo globale della sospensione della qualifica inflittagli (composto dal periodo di tempo della pena detentiva effettivamente espiata e dall’ulteriore periodo di quindici giorni relativo alla sanzione disciplinare della sospensione dall’impie-go disposta dalla Commissione Disciplinare presso la Corte d’Appel-lo) violerebbe l'articolo 98 del citato D.P.R. n. 3 del 1957 e sarebbe comunque priva di supporto normativo.

     3.3. Il quadro normativo di riferimento è costituito dagli artt. 96 e 98 del predetto D.P.R. n. 3 del 1957.

     In base all’art. 96, Qualora a seguito del procedimento disciplinare venga inflitta all'impiegato la sospensione dalla qualifica, il periodo di sospensione cautelare deve essere computato nella sanzione.

     Se la sospensione dalla qualifica viene inflitta per durata inferiore alla sospensione cautelare sofferta o se viene inflitta una sanzione minore o se il procedimento si conclude con il proscioglimento dell'impiegato, debbono essere corrisposti all'impiegato tutti gli assegni non percepiti, escluse le indennità o compensi per servizi e funzioni di carattere speciale o per prestazioni di carattere straordinario, per il tempo eccedente la durata della punizione o per effetto della sospensione.

     Il successivo art. 98 dispone che L'impiegato condannato a pena detentiva con sentenza passata in giudicato, qualora non venga destituito, è sospeso dalla qualifica fino a che non abbia scontato la pena.

     Ritiene il Collegio che, ai sensi dell’art. 96, comma 2, del d.P.R. n. 3/1957, il pubblico dipendente che - già cautelarmente sospeso dal servizio - sia stato in seguito, per i medesimi fatti, condannato in sede penale e sottoposto a procedimento disciplinare definito con l’irrogazione di una sanzione diversa dalla destituzione dall’impiego ha diritto alla restitutio in integrum, e, in particolare, alla restituzione delle retribuzioni perse durante il periodo di sospensione cautelare, limitatamente all’eventuale maggior periodo di sospensione cautelare subita rispetto a quello di effettiva sospensione dalla qualifica irrogatagli all’esito del procedimento disciplinare.

     Tuttavia, dal quantum dovuto a titolo di restituzione delle retribuzioni perse durante il periodo di sospensione cautelare va dedotto l’importo delle retribuzioni corrispondenti al tempo della condanna penale detentiva, dato che egli non presta la sua attività per fatto da lui dipendente, in quanto la misura penale, evidentemente, interrompe il sinallagma contrattuale (Cons. Stato, sez. IV, 12 luglio 2007, n. 3986; sez. V, 28 dicembre 2006, n. 8056 e 19 febbraio 2003 n. 915 ed ad. plen 2 maggio 2002, n. 4).

     Nella specie, il ricorrente è stato sottoposto agli arresti domiciliari dal 10 ottobre 1985 al 3 novembre 1986.

     4. Per quanto precede, il ricorso va respinto.

     Sussistono giusti motivi per compensare integralmente tra le parti le spese di questo grado di giudizio.

P. Q. M.

     Il Consiglio di Giustizia Amministrativa per la Regione Siciliana in sede giurisdizionale, rigetta l’appello in epigrafe.

     Spese compensate.

     Ordina che la presente decisione sia eseguita dall'Autorità amministrativa.

     Così deciso in Palermo, dal Consiglio di Giustizia Amministrativa per la Regione Siciliana in sede giurisdizionale, nella camera di consiglio del 22 aprile 2008, con l’intervento dei signori:

...

                            Depositata in segreteria

 il 14 ottobre 2008